Ultime notizie

Ofi Invest AM: Quando l’”arte dell’accordo” ti si ritorce contro

di Frédéric Tassin, Head of Global and Thematic Equities di Ofi Invest AM
 
Ofi Invest AM: Quando l’”arte dell’accordo” ti si ritorce contro
Al momento in cui si scrive, sono passati quasi 50 giorni dal “Liberation Day” dello scorso 2 aprile, quando il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato una serie di aumenti dei dazi sulle importazioni; un tempo sufficiente per dire che i mercati hanno punito le decisioni prese a Washington. Infatti, se da un lato è innegabile che gli investitori si aspettassero un aumento delle tariffe, dall’altro sono stati comunque doppiamente presi in contropiede: in primo luogo, perché nessuno si aspettava che potessero raggiungere livelli così alti, e in secondo per la modalità con cui sono stati calcolati, giudicata insensata quasi all’unanimità; basta pensare che sono state colpite persino nazioni con un saldo esportazioni/importazioni negativo nei confronti degli Usa. A gettare ulteriore benzina sul fuoco c’è stato anche il commento molto tiepido del Segretario del Tesoro, Scott Bessent, il quale ha affermato come non ci fosse nessuno in grado di fare da contrappeso o da moderatore con Trump.

Tutto ciò ha innescato un collasso transfrontaliero dei mercati azionari che a inizio aprile, nell’arco di poche sessioni, hanno registrato perdite complessive di quasi 4mila miliardi di dollari, spingendo al rialzo i rendimenti di bond decennali e trentennali. Non ci sono dubbi sul fatto che questa brusca correzione sia ciò che ha spinto il tycoon a ritornare parzialmente sui suoi passi e a decretare una sospensione di 90 giorni dell’aumento dei dazi, che a sua volta ha dato via a un rally e a una fase generale di contrattazioni. Quest’ultima ha visto uno dei suoi maggiori successi con l’accordo tra Stati Uniti e Cina, il quale ha portato a una riduzione dei dazi dal 145% al 30% sulle merci importate negli States e al 10% per quelle che fanno il percorso inverso, per un periodo di 90 giorni.

Ma quindi ora ci possiamo aspettare un approccio meno estremo da parte degli Stati Uniti? Appare ormai chiaro che la politica estera di questo paese seguirà quella che Trump ha esplicitamente chiamato “The Art of Deal”, cioè l’arte dell’accordo, che consiste nel colpire i rivali molto duramente in un primo momento per poi negoziare da una posizione di forza. Tuttavia, questo tipo di approccio sembra essere sempre meno apprezzato da Wall Street e dalle imprese americane, con i maggiori businessmen locali che hanno assunto posizioni critiche, in quanto intimoriti dall’aumento dei prezzi e dai conseguenti assottigliamento dei margini e aumento della disoccupazione; fattori che possono portare l’economia in recessione. Questa preoccupazione si è diffusa anche tra i politici, tanto che anche alcuni deputati repubblicani hanno affermato che non si può escludere che il Congresso subentri nella gestione delle politiche commerciali, di fatto isolando la Casa Bianca. Tra le personalità più importanti che hanno fatto sentire la loro voce c’è sicuramente Jamie, Dimon, presidente di JPMorgan Chase, che ha agganci nell’amministrazione Trump e che per due volte ha espresso preoccupazioni per uno scenario di maggiore inflazione e disoccupazione, che avrebbero anche accresciuto il tasso di fallimenti. Il fatto che queste osservazioni provengano da uomini d’affari di primo piano fa sperare in un approccio futuro più morbido.

In ogni caso, anche se Trump dovesse rivedere le sue politiche, ormai le imprese, incluse quelle statunitensi, si aspettano di essere colpite dai dazi e quindi stanno cercando di mettersi al riparo adottando strategie come: rinegoziazione coi fornitori per cercare di avere prezzi più vantaggiosi, ottimizzazione delle supply chain e anche la possibilità di scaricare i prezzi più elevati sul consumatore finale. Quest’ultimo punto, però, genera un dilemma: si supponga che i dazi si stabilizzino effettivamente al 25% come inizialmente stabilito; a fronte di importazioni complessive stimate a 3,2 trilioni di dollari, l’economia Usa si ritroverebbe a dover pagare 700 miliardi di nuove tasse. A sua volta, se queste tasse fossero trasferite in capo alle famiglie (stimate attorno a 130 milioni), si avrebbe un aggravio nei loro budget per 5mila dollari l’anno. Ciò significa che è impossibile che le imprese riescano a scaricare completamente l’impatto delle tariffe sui consumatori e quindi è assodato che anche i loro margini ne risentiranno, causando un contraccolpo che probabilmente era stato sottovalutato da Trump e dal suo team.

Quanto visto sopra è verosimilmente anche ciò che ha fatto ammorbidire le posizioni di Trump, ma questo ravvedimento è arrivato comunque troppo tardi e ormai è impossibile che l’incertezza sulla politica e sul commercio globale non prosegua anche nel lungo termine, indipendentemente da come si evolverà lo scenario. Ciò è già evidente nella decisione di alcune società manifatturiere di posticipare le loro decisioni sugli investimenti futuri e anche l’opinione più diffusa, che fino a poco tempo fa stimava una crescita dell’8% degli utili per le aziende americane nel 2025, sembra ormai datata, anche se al momento è impossibile fare previsioni in merito da qui alla fine dell’anno. Un’unica nota positiva potrebbe arrivare dagli investimenti stranieri negli Usa, dato che molte imprese, operanti in settori diversi tra loro, hanno dichiarato di voler aumentare la loro esposizione verso il paese nel tentativo di trarre beneficio dal processo di reshoring in corso. In ogni caso, ciò significa solamente che il worst case scenario non è il più probabile, ma nei mesi a venire la volatilità si manterrà comunque alta.

Per dare un’idea di cosa si intende per volatilità alta, basta pensare che il mercato azionario ha registrato contrazioni del 20% in 24 ore; scostamenti che non si osservavano dalla Grande Crisi Finanziaria del 2008. In un contesto simile, gli investitori devono essere molto disciplinati per evitare di subire ripercussioni particolarmente forti. Secondo noi di Ofi Invest AM, la tattica migliore è quella di operare investimenti costanti, alleggerendo i costi e di non cadere nella tentazione, nella quale anche investitori professionisti cadono, di prediligere una classe di attività pensando che abbia raggiunto il minimo e che possa solo risalire.
  • Enel Prima Vera - Rata Vera
  • Fineco Change is Good
  • Fineco Change is Good
  • Fineco Change is Good
  • Fineco Change is Good
  • villa mafalda 300x600
Rimani sempre aggiornato sulle notizie di tuo interesse iscrivendoti alla nostra Newsletter
Notizie dello stesso argomento
Urso incontra Ministro Rasmussen su politiche industriali Ue, investimenti e AI Hub per l’Africa
30/05/2025
Urso incontra Ministro Rasmussen su politiche industriali Ue, investimenti e AI Hub per l’...
Confindustria Nautica al Congresso ICOMIA 2025 a Palma de Mallorca
30/05/2025
Confindustria Nautica al Congresso ICOMIA 2025 a Palma de Mallorca
Fincantieri: varata a Monfalcone “Mein Schiff Flow”
30/05/2025
Fincantieri: varata a Monfalcone “Mein Schiff Flow”
SACE firma cinque accordi in Uzbekistan e Kazakistan per l’export italiano
30/05/2025
SACE firma cinque accordi in Uzbekistan e Kazakistan per l’export italiano