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Ofi Invest AM: I mercati sembrano più distesi, ma occorre restare prudenti

di Eric Turjeman, Co-CIO of Mutual Funds di Ofi Invest AM
 
Ofi Invest AM: I mercati sembrano più distesi, ma occorre restare prudenti
L’inizio dei negoziati sui dazi tra Stati Uniti e Cina ha avviato dei rally piuttosto robusti e anche la volatilità del comparto azionario delle due superpotenze è notevolmente diminuita, grazie al taglio dei dazi. Ciò sembra stia riuscendo a convincere il mondo che il worst case scenario non è più quello più probabile e che l’amministrazione di Donald Trump starebbe iniziando a prendere maggiormente in considerazione l’impatto economico che la sua politica può generare.

Tuttavia, nonostante questo apparente rinnovato ottimismo, non bisogna dimenticare che, almeno nel momento in cui si scrive, nessun accordo tra le parti è stato ufficialmente raggiunto, eppure meno del 10% delle imprese racchiuse nell’indice S&P 500 hanno scelto di includere l’impatto potenziale dei dazi nelle loro linee guida per il resto dell’anno, ma sono stati presi provvedimenti diversi. Nello specifico, in molti casi le società si sono limitate a fornire intervalli più ampi sui margini e gli utili attesi, lasciando però invariata la previsione attorno al livello medio. Ciò suggerisce una certa intenzione di voler rassicurare gli stakeholder, ma le loro dichiarazioni, assieme con gli indicatori sulla fiducia ancora molto bassi, mostrano quanto ancora le imprese americane stiano navigando a vista.

In generale, noi di Ofi Invest AM riteniamo che, indipendentemente da quale sarà il livello, gli Usa imporranno dei dazi sulle importazioni e che il loro impatto sarà scaricato largamente sul prezzo di vendita finale dei beni. Tuttavia, riteniamo saggio tutelarsi da quelle società che abuseranno di questa possibilità, avendo in mente realtà come Amazon e Walmart[1] che sono già state redarguite dallo stesso Trump per aver annunciato aumenti dei prezzi legati proprio alla politica dei dazi.

Passando invece al fronte obbligazionario, sembra che il governo di Washington si stia accorgendo che i rendimenti a lungo termine potrebbero presto diventare un problema. In realtà, alla luce di ciò che sta accadendo in questi giorni, tutto ciò che può essere interpretato come benzina sul fuoco può diventare un problema (un esempio sono proprio i prezzi al dettaglio in ascesa), ma i mercati fino a oggi sono apparsi alquanto disinteressati. Ciò è dimostrato dal fatto che il downgrade di Moody’s non ha provocato nessuno stravolgimento significativo. Ma questo tipo di atteggiamento può durare? Le stime attuali dicono che il nuovo bilancio potrebbe aggiungere altri 3.300 miliardi in 10 anni al già elevatissimo debito pubblico americano, ma la storia ha sempre dimostrato che il deficit diventa un problema solo quando gli investitori decidono che è un problema, pare che quel momento stia arrivando. Il presidente di JP Morgan Chase, Jamie Dimon, recentemente ha lanciato un allarme proprio in questa direzione e ciò potrebbe portare altri player di mercato a tenere sempre più sotto controllo l’andamento dei rendimenti dei bond a lungo termine.

In tutto ciò, l’Europa appare ancora come un porto sicuro, in cui non solo l’economia nel primo trimestre ha performato meglio di quanto ci si aspettasse, ma anche gli utili aziendali sono stati superiori alle previsioni di ben il 6%. È vero che una ragione è la precedente revisione al ribasso di tali previsioni, ma ciò dipendeva soprattutto dalla forza dell’euro rispetto al dollaro. Inoltre, con la Germania che intende accelerare il suo piano di investimenti tra oggi e il 2030, anche le prospettive per il futuro restano incoraggianti. Tuttavia, è importante ricordarsi che le imprese del Vecchio Continente (così come quelle di tutto il mondo) stanno ancora aspettando annunci su misure concrete riguardanti i dazi sulle merci europee esportate negli Usa. Fino ad allora, è difficile essere totalmente ottimisti, visto che qualsiasi risvolto – anche il più negativo – è ancora possibile e che, avendo raggiunto nuovi massimi, l’azionario europeo non è oggi un settore economico in cui investire.

[1] Questi e altri nomi sono citati solo a scopo informativo. Il contenuto non è da intendersi in alcun modo come un consiglio sull’acquisto o la vendita di specifici asset
 
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