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Nuovi dazi, nuovi problemi: cosa rischia di perdere l’UE

di Ruben Dewitte, economista di ING
 
Nuovi dazi, nuovi problemi: cosa rischia di perdere l’UE
Le esportazioni dell'Unione Europea verso gli Stati Uniti hanno retto all'inizio del 2025 grazie al frontloading, ma i dazi di Trump sono destinati a rallentare gli scambi commerciali. Prevediamo un impatto diretto sul PIL dell'UE pari a -0,3%. 

All'inizio di quest'anno, abbiamo esaminato le potenziali conseguenze del rinnovato programma tariffario di Trump per l'Unione Europea. Con l'accordo quadro tra UE e Stati Uniti ormai in vigore, l'euro in apprezzamento rispetto al dollaro e l'emergere dei primi dati commerciali, è giunto il momento di rivedere la nostra precedente valutazione. L'anticipazione delle esportazioni all'inizio dell'anno ha contribuito a sostenere i livelli di export europeo nella prima metà del 2025. Tuttavia, prevediamo che le esportazioni dell'UE verso gli Stati Uniti decelereranno con l'inizio dell'impatto dei dazi, rafforzando la nostra previsione di un impatto diretto sul PIL pari a -0,3% nel breve termine, con rischi significativi per la crescita nel lungo termine.

Dazi, un panorama più chiaro, ma ancora volatile

Con la conclusione dell'accordo commerciale UE-USA lo scorso luglio e la pubblicazione dell'accordo quadro, i produttori europei hanno ora maggiore chiarezza sui dazi. L'accordo prevede un dazio forfettario del 15% sull'aliquota della nazione più favorita (NPF) per i beni non interessati da dazi settoriali. D’altronde, i dazi settoriali sono significativamente più punitivi, dato che includono dazi del 50% su prodotti in acciaio, alluminio e rame. D'altra parte, l'UE ha accettato di rimuovere i dazi sui beni industriali e si è impegnata ad acquistare energia statunitense per un valore fino a 750 miliardi di dollari e a facilitare investimenti nell'economia statunitense fino a 600 miliardi di dollari entro il 2028.

Nonostante questi progressi, l'incertezza persiste. A fine agosto, gli Stati Uniti hanno ampliato il loro elenco di dazi settoriali per includere un dazio del 50% sul contenuto di alluminio e acciaio di 407 prodotti aggiuntivi, mentre il 5 settembre è stato pubblicato un elenco di esenzioni dai dazi generali. Il 25 settembre, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato un dazio del 100% sui prodotti farmaceutici a partire dal 1° ottobre. Allo stesso tempo, si prevede che la Corte Suprema degli Stati Uniti si pronunci sulla legalità dei dazi imposti ai sensi dell'International Economic Emergency Powers Act del 1977 (IEEPA) il 5 novembre.

L'evoluzione della portata delle tariffe e delle esenzioni settoriali continua a complicarne l’applicazione. La Slovenia, ad esempio, potrebbe assistere a un aumento tariffario stimato del 45% (vedi Figura 1) a causa di alcune delle sue esportazioni che rientrano nell'elenco recentemente ampliato di prodotti soggetti a dazi del 50% sul contenuto di alluminio e acciaio. Sebbene la tariffa effettiva possa risultare inferiore nella pratica, l'onere informativo e l'ambiguità che circondano la comunicazione del contenuto di metallo nei prodotti costituiscono un significativo ostacolo al commercio.

Forte shock tariffario con differenze tra i paesi dell'UE...

La Slovenia si distingue come un caso anomalo, ma l'impatto dei dazi e delle esenzioni settoriali varia significativamente tra i vari Stati membri dell'UE, riflettendo le differenze nelle strutture tariffarie e nella composizione delle esportazioni di ciascun paese. L'Irlanda, che beneficia di esenzioni relative ai vaccini, si trova ad affrontare un aumento tariffario stimato relativamente "modesto" di 10,5 punti percentuali. Per l'UE nel suo complesso, le nostre stime basate sui dati di Global Trade Alert suggeriscono un'aliquota tariffaria effettiva ponderata per gli scambi del 19,6%. Un netto aumento rispetto all'1,2% del 2024. L’incremento di 18,4 punti percentuali è notevolmente superiore all'aliquota del 13,1% utilizzata dalla BCE nelle sue ultime proiezioni macroeconomiche. Ulteriore segnale della difficoltà che comporta circoscrivere l'attuale contesto tariffario.

Guardando avanti, prevediamo che i livelli tariffari rimarranno elevati nel prossimo futuro, nonostante le controversie legali interne agli Stati Uniti. I dazi, come fonte di entrate per finanziare parte del deficit fiscale e come importante strumento politico per raggiungere ogni tipo di obiettivo, anche al di là del commercio, rimarranno una parte importante del kit di strumenti politici del governo statunitense. Non dimentichiamo che Washington mantiene ampia autorità di reintrodurre i dazi in quadri giuridici alternativi, come in precedenza avvenuto con i prodotti del settore automobilistico, dell'acciaio, dell'alluminio e del rame. Queste leggi consentono dazi temporanei che possono essere prorogati a tempo indeterminato dal Congresso. Se si aggiungono le ingenti entrate generate dalle tasse doganali, è probabile che questi rimarranno in vigore per tutto il mandato di Trump. Ipotizzando che non vi siano ulteriori escalation da parte degli Stati Uniti, anche una ritorsione da parte dell'UE appare improbabile.

Dazi, l’impatto diretto sul PIL europeo è -0,3%

Con un'esposizione diretta al mercato statunitense pari a circa l'1,9% del PIL dell'UE, stimiamo che un dazio del 18% potrebbe ridurre il PIL dell'UE di circa lo 0,33% nei prossimi due anni. Sebbene questo risultato sia in linea con le nostre precedenti proiezioni, i fattori sottostanti sono cambiati. In precedenza, avevamo considerato uno scenario peggiore, che prevedeva un aumento dei dazi del 25%, che non si è concretizzato completamente. Tale scenario prevedeva un modesto deprezzamento del cambio EUR/USD, mentre dall'inizio dell'anno l'euro si è apprezzato di quasi il 15%.

Sebbene questo apprezzamento del 15% sia sostanziale, si prevede che il suo effetto sul PIL sarà più limitato rispetto a quello dei dazi. Si presume in genere che le variazioni tariffarie si trasmettano integralmente ai prezzi, mentre le variazioni del tasso di cambio tendono ad avere un effetto più limitato. Uno studio condotto da economisti di Harvard, del FMI e della Federal Reserve suggerisce che solo il 22% circa delle fluttuazioni del tasso di cambio si riflette sui prezzi interni, principalmente a causa del fatto che la maggior parte delle importazioni statunitensi è fatturata in dollari statunitensi.

In sintesi, l’aumento tariffario inferiore alle aspettative è stato compensato dall’apprezzamento dell’euro, lasciando invariata la nostra stima dell’impatto sul PIL.

Tenete d'occhio le esportazioni mentre i dazi iniziano a farsi sentire

Quanto si è materializzato finora l'impatto negativo? Non molto, secondo i dati, visto che le esportazioni sono state anticipate nei primi mesi dell’anno: gli esportatori europei hanno accelerato le spedizioni in vista dell'aumento dei dazi del 1° aprile, soprattutto nel settore farmaceutico irlandese. Di conseguenza, le esportazioni dell'UE verso gli Stati Uniti sono aumentate all'inizio dell'anno e da allora hanno iniziato a rallentare. I livelli delle esportazioni rimangono tuttavia elevati, con un aumento del 13,8% su base annua a fine luglio, o dello 0,5% escludendo l'Irlanda (vedi Figura 2).

Detto questo, la tendenza al ribasso è chiara e prevediamo che questo rallentamento si aggraverà nella seconda metà del 2025. Le nostre stime sull'impatto sul PIL implicano una riduzione delle esportazioni dell'UE verso gli Stati Uniti di quasi il 17% nei prossimi due anni, a parità di altre condizioni. Gli Stati Uniti rappresentavano il 20% delle esportazioni fuori dai confini dell’Unione nel 2024, e al luglio di quest’anno erano salite al 22%. Se il calo previsto si concretizzasse, la loro quota potrebbe scendere a circa il 17,2%, a parità di altre condizioni. Un calo così netto, soprattutto nei settori e negli Stati membri più esposti allo shock tariffario, sarebbe una chiara indicazione che la morsa dei dazi si sta stringendo.

Gli effetti indiretti possono amplificare l'impatto dei dazi sul welfare

Sebbene un calo dello 0,3% del PIL possa sembrare moderato, le ricadute economiche dei dazi statunitensi potrebbero essere notevolmente amplificate attraverso canali indiretti. I dazi impattano la produzione, il che a sua volta può portare alla perdita di posti di lavoro, alla riduzione dei consumi delle famiglie e al ritardo degli investimenti, soprattutto quando le aziende riconsiderano i progetti pluriennali in un contesto di maggiore incertezza.

Inoltre, questi effetti non si limitano alle relazioni commerciali tra UE e USA. I dazi imposti ad altri Paesi, come Canada e Messico, distorcono i modelli commerciali globali e indeboliscono la domanda di esportazioni europee, con conseguenti ripercussioni sulla produzione dell'UE. Le catene del valore globali intensificano ulteriormente questa dinamica, con il calo della domanda di beni intermedi provenienti dall'Europa, lavorati in un Paese straniero prima di entrare nel mercato statunitense.

Le stime basate su modelli catturano la portata di queste interdipendenze. Il modello commerciale del Kiel Institute suggerisce un impatto più ampio sul PIL a breve termine pari a -0,5% per l'UE, tenendo conto degli effetti di ricaduta di Canada (-4,3% sul PIL) e Messico (-5,7% sul PIL). Analogamente, il quadro multi-Paese della BCE, che modella esplicitamente la propagazione degli shock attraverso le reti di produzione globali, stima una riduzione cumulativa della crescita del PIL dell'area dell'euro di 0,7 punti percentuali nel periodo 2025-2027.

...soprattutto nel lungo periodo

Sebbene restiamo cauti sulla piena realizzazione a breve termine di questi effetti moltiplicatori, essi rafforzano chiaramente i rischi a lungo termine. Nel lungo periodo, stimiamo che l'impatto diretto sul PIL dell'UE potrebbe salire a -0,86%, con possibili ulteriori ribassi in caso di deterioramento della fiducia e degli investimenti.

Pertanto, la posta in gioco per l'UE è alta: limitare i rischi al ribasso delle relazioni commerciali UE-USA richiederà l'apertura di opportunità commerciali alternative, sia attraverso l'approfondimento del mercato interno sia attraverso l'espansione degli accordi commerciali con paesi terzi. La recente conclusione dell'accordo di partenariato UE-Mercosur, la rapida conclusione dell'accordo commerciale UE-Indonesia e i negoziati avanzati per un accordo di libero scambio UE-India sono esempi perfetti di questo approccio proattivo.
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