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Mercato lavoro USA: Debolezza confermata, impatti attuali e prospettici

di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte
 
Mercato lavoro USA: Debolezza confermata, impatti attuali e prospettici
I dati relativi al mercato del lavoro di agosto hanno confermato la fase di debolezza anticipata dai dati di luglio del JOLTS report, ossia dall'evidenza del numero di disoccupati che ha superato quello dei posti di lavoro offerti (rapporto job openings/disoccupati sotto l’1), che fu uno dei principali argomenti che portarono ad un taglio tassi di 50pb a settembre 2024.

Più in dettaglio, i dati di agosto fotografano la continuazione della corsa del settore sanitario e quello dei servizi, mentre mancano all'appello soprattutto gli occupati del comparto pubblico che, prima della revisione di questo agosto, oscillavano tra le 30.000/50.000 unità. Il comparto pubblico ha invece sottratto posti di lavoro ad agosto. In sintesi, a parte il comparto sanitario (medici, assistenti, infermieri etc..) e quello dei servizi (ristorazione, operatori alberghieri, officine di manutenzione etc..), per gli altri comparti l'occupazione inizia a manifestare una battuta di arresto.

A questo va aggiunta la notizia che l'Arabia spinge esplicitamente l'OPEC+ per un aumento significativo dell'offerta a partire da ottobre - decisione attesa domenica prossima. Tutto questo sta portando ad un'attesa di complessivi quasi 6 tagli dei tassi entro 1 anno, con una probabilità del 15% di un taglio di 50pb il 17 settembre. Inoltre, la cosiddetta "pancia della curva" dei treasury (tecnicamente denominata "the belly”), sta calando notevolmente avvicinandosi al costo medio di tutto il debito Usa, pari al 3,3%.

In questo modo Bessent sta ottenendo quanto di fatto aveva auspicato: tagli pari a 150/175bp entro 1 anno (stando alle attuali attese di mercato) e un calo dei tassi della "pancia della curva", con il comparto 3-5 anni vicino al tasso medio di tutto il debito US, ossia 3.3%.

LA POSSIBILE STRATEGIA DI BESSENT

Verosimilmente, se il fenomeno del calo tassi della "pancia” si stabilizzerà, le emissioni dei Treasury diventeranno più intense proprio sul segmento 3-7 anni, senza di fatto alterare significativamente il costo totale del debito e cercando di abbassare la spesa per interessi, un fattore chiave per gli USA, visto che la spesa per interessi cumulata nell’anno fiscale in corso (iniziato lo scorso ottobre) è diventata la seconda voce di spesa del bilancio USA, dopo la Social Security (secondo quanto riportato dal dipartimento del Tesoro US).

COSA ASPETTARSI IN PROSPETTIVA?

La Fed "trumpiana" aumenta la percezione di una così detta "fiscal dominance", ossia il fatto che la Fed taglierà i tassi anche in un contesto di inflazione al rialzo. 
Ovviamente ciò sarà possibile se l'inflazione non rialzerà troppo la testa e, per evitarlo, Trump sta spingendo su diversi fronti geopolitici al fine di mantenere basso il costo dell'energia: 

• pressioni sull'OPEC+, che a più riprese sta aumentando l'offerta di petrolio (e forse proseguirà anche con la decisione di domenica);

• pressioni sul Venezuela per un cambio dell'amministrazione Maduro, giustificato ufficialmente per la lotta al narcotraffico ma più verosimilmente per poter mettere in funzione le enormi riserve petrolifere del paese e quindi aumentare ancora di più l'offerta di greggio e calmierare l'importante componente energetica. Il Venezuela, infatti, è il più grosso detentore al mondo di riserve petrolifere (stimate in oltre 300 Mld di barili, fonte EIA) con una produzione giornaliera molto bassa (poco meno di 1 Mln di b/d) a causa di assenza di infrastrutture adeguate, causata dal fatto che la aziende estere non si fidano dell'attuale amministrazione venezuelana per affrontare gli investimenti necessari nel paese.


In prospettiva, pertanto, "la pancia della curva Usa" rimane l'osservato speciale - data la rilevanza nel bilancio Usa della spesa per interessi e le manovre in atto da parte della Fed sul fronte tagli e dell'amministrazione Usa sul costo dell'energia, con possibilità che i tassi dei treasury a 3 anni e mezzo si stabilizzino in area 3,3/3,5%. Sul fronte cambio, il dollaro per ora non è riuscito a superare il massimo di 1,18 vs euro di inizio luglio, malgrado sia aumentata l'attesa di tagli da parte della Fed e malgrado le ultime decisioni dell’amministrazione Trump (il licenziamento del membro Fed Cook e della direttrice del BLS) che potenzialmente potrebbero aumentare la sfiducia verso gli USA. 

Il conteso attuale vede un posizionamento già molto forte sull'ipotesi di deprezzamento del dollaro (si vedano i risk reversal su eur-usd 1y 25D). Pertanto, vi è un possibile overshooting fino all’area 1,20 per fine anno, sebbene stiano emergendo i sintomi di una possibile ultimazione della fase di deprezzamento del dollaro pe il prossimo anno, alla luce di una maggiore attenzione ai temi dei conti pubblici di alcuni paesi Euro (Francia in primis), al rallentamento marcato della Germania (si veda da ultimo il forte calo degli ordini all'industria di luglio), e una maggiore enfasi della discussione sul possibile utilizzo delle riserve russe congelate presso Euroclear. 

Sul fronte azionario, come rilevato nell'ETF BOX di agosto, il mese di settembre si presenta piuttosto ostico per la stagionalità sfavorevole, per la maggiore attenzione sul tema AI USA (eccesso di investimenti vs chiusura progressiva del mercato cinese con il dragone intenzionato ad accelerare la produzione domestica di chip avanzati) ed infine per il “blackout period” (ossia meno buyback) in vista delle trimestrali di metà ottobre, oltre che meno cash a disposizione dei retail USA. 

La fine dell’anno potrebbe però offrire un terreno favorevole per la convergenza di politiche monetarie (FED) e fiscali espansive.  
 
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