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Le determinanti dei mercati obbligazionari nel mese di maggio

di Marco Giordano, Investment Director di Wellington Management
 
Le determinanti dei mercati obbligazionari nel mese di maggio
Continuano le turbolenze sui dazi. La Corte del Commercio Internazionale degli Stati Uniti ha bloccato la maggior parte dei dazi imposti dal Presidente Trump nel “Liberation Day”; tuttavia, l'amministrazione ha rapidamente fatto appello, aggiungendo un ulteriore livello di incertezza alla guerra commerciale. La Corte ha determinato che un deficit non costituisce un'emergenza, considerando il persistente deficit commerciale che gli Stati Uniti mantengono con il resto del mondo. Inoltre, essendo un dazio un'imposta, il Congresso non può abrogare in modo così ampio il suo potere impositivo. All'inizio del mese, l'amministrazione aveva minacciato di imporre dazi del 50% all'Unione Europea entro il 1° giugno, successivamente posticipando l'attuazione al 9 luglio. È probabile che i dazi rimangano, in qualche forma, visto il bisogno di entrate per finanziare l'estensione dei tagli fiscali e soddisfare i falchi del deficit al Congresso. Tuttavia, Trump potrebbe dover esplorare un'alternativa legale al precedente utilizzo dell'International Emergency Economic Powers Act.

Sebbene il Regno Unito sia stato il primo Paese a concordare un (limitato) accordo commerciale, la sua posizione negoziale iniziale è stata facilitata rispetto agli altri paesi, poiché non ha un surplus significativo di merci con gli Stati Uniti. Nonostante una tregua formale tra Stati Uniti e Cina, i battibecchi sono proseguiti durante il mese senza progressi significativi. Il Giappone potrebbe essere vicino al raggiungimento di un accordo commerciale. I negoziati tra UE e USA hanno subito un’accelerazione dopo un inizio lento: sebbene un accordo globale non sia ancora stato raggiunto, gli investitori hanno accolto positivamente la rinnovata urgenza di trovare un modo per evitare la piena imposizione dei dazi, come annunciato il 2 aprile.

Eventi recenti. L'aumento dei rendimenti dei titoli del Tesoro statunitensi a 30 anni ad aprile ha fatto scalpore, sia come componente del "basis trade" che per la possibile relazione con la decisione dell'amministrazione Trump di annunciare un ritardo di 90 giorni nell'applicazione dei dazi. I governi stanno affrontando costi di finanziamento crescenti, soprattutto per le obbligazioni a lunga scadenza e sono quindi portati a prendere decisioni politiche delicate.  In un segnale del potenziale ritorno dei “bond vigilantes”, gli Stati Uniti non sono soli, poiché anche altri responsabili politici globali stanno rispondendo alle variazioni significative dei prezzi di mercato, con i rendimenti delle obbligazioni a 30 anni che aumentano di oltre 50 pb in molti mercati sviluppati. Il Ministero delle Finanze giapponese sta valutando una riduzione dell'emissione di debito a lungo termine per allineare l'offerta alla domanda decrescente, dato il continuo sell-off su queste scadenze. Ad aprile, la Bank of England ha annunciato un ritardo nella vendita di obbligazioni a lungo termine a causa della volatilità del mercato. La domanda per l'asta di Treasury statunitensi a 20 anni di maggio è stata moderata a causa dei persistenti timori per il deficit elevato degli Stati Uniti, seguito dal downgrade del rating sovrano statunitense.

Gli Stati Uniti hanno perso il rating AAA. Moody's ha abbassato il rating del debito sovrano degli Stati Uniti da Aaa a Aa1, rivedendo l'outlook da negativo a stabile a causa delle preoccupazioni legate all'aumento del debito e all'espansione del deficit fiscale. Pur continuando a considerare le obbligazioni governative statunitensi come investimenti di alta qualità dal punto di vista degli investimenti, il declassamento di un notch riflette l'aumento significativo del debito pubblico, registrato nell’arco di oltre un decennio, e dei rapporti di tra interessi passivi e PIL che hanno raggiunto livelli significativamente più elevati rispetto a quelli di altri paesi con rating analogo. Questo declassamento da parte di Moody's segue le mosse analoghe di Fitch nel 2023 e di Standard & Poor's nel 2011.

È rilevante notare che questo downgrade arriva in un contesto in cui:

I livelli di debito e di deficit (previsi al 7% per l'esercizio 2025) sono significativamente più elevati e tendono al rialzo.
L'inflazione non è ancora tornata verso il target, con un aumento almeno a breve termine nei prossimi mesi a causa dei dazi. Il livello effettivo dei dazi rimane il più alto dagli anni '30, nonostante i recenti passi indietro, e le agenzie di rating hanno avvertito che l’estensione generalizzata dei dazi potrebbe portare a ulteriori declassamenti.

Data la portata, l'ampiezza e le dimensioni del mercato dei Treasury statunitensi, nonché lo status di valuta di riserva del dollaro, non si prevedono liquidazioni su larga scala dei Treasury. Tuttavia, il mercato sembra voler imporre premi a termine sempre più alti per detenere Treasury fino a quando non ci sarà un effettivo consolidamento fiscale che porti la traiettoria del debito su un percorso più sostenibile. Più in generale, quest'ultimo evento riflette una visione macroeconomica a lungo termine, secondo la quale il venir meno dell’eccezionalismo statunitense continuerà a riflettersi gradualmente nei prezzi di mercato e nell'aumento dei premi a termine, almeno fino a quando non inizieremo ad assistere a un inasprimento delle condizioni finanziarie e una certa disciplina nella spesa e nell’indebitamento, necessaria a stabilizzare il segmento a lunga scadenza della curva.

Ad aprile, gli investitori globali hanno iniziato a riconsiderare il mercato dei Treasury statunitensi come principale bene rifugio in caso di shock esterni. Questo downgrade potrebbe rafforzare la percezione secondo cui gli asset alternativi, come il debito pubblico europeo, australiano e giapponese (nonché alcune valute selezionate), possano essere opzioni valide per gli investitori in cerca di protezione o diversificazione. In particolare, i rendimenti statunitensi sono aumentati dal "Liberation Day".

Più politica fiscale in Europa. Nel corso del mese, l'Unione Europea ha dato un primo via libera all’ 'istituzione dello strumento di prestito SAFE (Security Action for Europe), che mira a fornire agli Stati membri fino a 150 miliardi di euro da investire nel settore della difesa e della sicurezza. Sebbene questo importo sia significativamente inferiore all'impegno di oltre 1.000 miliardi di euro annunciato dalla Germania all'inizio dell'anno, dovrebbe comunque rappresentare un segnale positivo – seppur marginale - marginale per l'economia europea e fungere da catalizzatore per una maggiore integrazione. Ciò è particolarmente rilevante poiché i Paesi europei puntano ad aumentare la spesa per la difesa al fine di raggiungere, e in alcuni casi superare, gli obiettivi stabiliti dalla NATO.

Decisioni della banca centrale. Le decisioni di politica monetaria del mese di maggio non hanno presentato grandi sorprese. Diverse banche centrali, tra cui la BCE, la Bank of England (BoE) e la Reserve Bank of Australia (RBA), hanno tagliato i tassi come ampiamente previsto, mentre la Federal Reserve ha deciso di mantenere invariati i tassi, in attesa di ulteriori dati che possano giustificare una riduzione del tasso di policy. Analogamente, la Bank of Japan (BoJ) continua a mantenere un atteggiamento attendista, citando l'incertezza del commercio globale, nonostante il persistere dell'inflazione e il continuo sell-off delle obbligazioni a 30 anni. Se da un lato volatilità nei mercati ha fornito alle banche centrali l'opportunità di ottenere risultati già ampiamente prezzati, dall’altro gli investitori si stanno concentrando sempre sull'aumento dell'inflazione. In particolare, molti dati sull’inflazione, sia headline che core, hanno superato il target del 2% e mostrano un trend dal rialzo. In questo contesto, i mercati hanno già scontato la possibilità che la Fed non effettui ulteriori tagli per il resto dell'anno e vi è una crescente probabilità che non vi siano tagli dei tassi nel 2025. Parallelamente, il tasso di policy implicito per la fine del 2025 della BoE si è attestato al 3,5% all'inizio di maggio ed è salito al 3,82% alla fine del mese.

Le GSE e NatWest, 17 anni dopo. Gli istituti di credito ipotecario Fannie Mae e Freddie Mac, sotto amministrazione controllata dal 2008, hanno fatto un passo verso la quotazione in borsa. A maggio l'amministrazione statunitense ha suggerito l'ipotesi di un'uscita, con il presidente Trump che ha insistito sul mantenimento della garanzia implicita da parte del governo. Le Government Sponsored Enterprises (GSE) forniscono liquidità, stabilità e accessibilità al mercato dei mutui statunitensi. Riteniamo che il percorso più probabile sia l'avvio di una fase di studio per valutare le opzioni di riforma - un processo che richiederà tempo - con il mantenimento di garanzie implicite o esplicite in modo da minimizzare gli impatti negativi sul mercato dei mutui. Inoltre, questo sviluppo si è verificato nello stesso mese in cui NatWest (ex RBS) è tornata di proprietà privata per la prima volta dopo la crisi finanziaria globale, grazie alla cessione da parte del governo britannico della quota residua, originariamente acquisita per 46 miliardi di sterline nel quadro degli sforzi per stabilizzare il sistema bancario globale.
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