Attualità
Il pugno duro delle Baleari contro il turismo del “sole, sesso e sangria”
di Redazione

Le notti incandescenti di Magaluf e Sant Antoni, trasformate in un’orgia collettiva di rumore, bottiglie low-cost e risse da pub, non sono più benvenute alle Baleari. L’arcipelago spagnolo, esasperato da anni di turismo “a basso costo e alto tasso alcolemico”, ha deciso di cambiare musica, adottando in quest’estate che sta volgendo al termine una delle misure repressive più severe d’Europa contro l’eccesso di alcol in strada. Il quadro era diventato insostenibile: turisti barcollanti fino all’alba, affitti impennati del 158% in dieci anni, quartieri storici trasformati in dormitori stagionali e residenti costretti a fuggire. A mettere un argine è stato il governo regionale guidato da Marga Prohens (Partito Popolare), che ha prorogato la legge del 2020 introducendo regole ferree: divieto assoluto di bere in strada nelle “zone di turismo di massa”, multe fino a 3.000 euro, stop alla vendita di alcolici dopo le 21:30 e razionamento negli hotel all-inclusive – massimo sei drink al giorno per persona. Non proprio la cornucopia che il turista di Magaluf era abituato a immaginare. Persino le barche delle feste sono state spinte più al largo, come se il mare stesso volesse disintossicarsi. Ma non si è trattato solo di ordine pubblico. Prohens lo ha detto chiaramente al The Guardian: “Diciannove milioni di turisti in un territorio di 1,3 milioni di abitanti sono inaccettabili”, invocando “un cambio di rotta” verso un turismo più sostenibile e familiare, che sostituisca alla triade “sole, sesso e sangria” una dimensione culturale e civile. I numeri sembrano darle ragione. Secondo i dati ufficiali, gli incidenti gravi a Magaluf sono calati del 90% rispetto al 2018, a Sant Antoni dell’87,5%. Forse non tutto il merito va alle nuove misure, ma gli abitanti parlano di un’estate sorprendentemente tranquilla: finalmente notti in cui si può dormire senza il sottofondo costante di cori da stadio e urla in falsetto. Il cambiamento arriva dopo proteste storiche: solo a Palma, nel luglio 2024, 10.000 persone sono scese in strada chiedendo case accessibili e una qualità della vita che non fosse sacrificata sull’altare del turismo selvaggio. Un grido che le istituzioni non potevano più ignorare.
Certo, non mancano le resistenze. I piccoli bar e i minimarket denunciano perdite, convinti che il giro di vite punisca soprattutto loro, mentre le grandi catene riescono ad adattarsi. Gabriel Llobera, vicepresidente della Confederazione delle Associazioni Imprenditoriali di Maiorca, ha detto a The Guardian: “Gli ospiti spesso non conoscono le regole prima del loro arrivo”, chiedendo più chiarezza e applicazione uniforme: cartelli multilingue, formazione per lo staff, e soprattutto coerenza. Perché se Magaluf viene blindata e invece Sóller o Alcúdia restano zona franca, il problema semplicemente si sposta. Nel frattempo, anche altre città europee del turismo – da Amsterdam a Venezia – osservano con attenzione l’esperimento balearico. La domanda è universale: come conciliare l’ossigeno economico del turismo con il diritto dei residenti a vivere in comunità sane e accessibili? La linea scelta dalle Baleari è chiara: non tutti i turisti sono uguali, e non tutti i comportamenti saranno più tollerati. Il messaggio è forte e in controtendenza: l’era in cui Ibiza e Maiorca erano parchi giochi low-cost senza regole sembra avviarsi alla fine. Resta da capire se, tra multe e controlli, il nuovo modello riuscirà davvero a radicarsi. Come nota The Guardian, punire gli eccessi è solo metà dell’opera: bisogna anche offrire alternative. Un turismo culturale, familiare, rispettoso, che permetta agli abitanti di restare e non di fuggire. Perché le isole non sono un luna park usa e getta, ma luoghi di vita, di memoria e di identità. Ed è qui che si gioca la partita vera: trasformare l’immagine delle Baleari da cartolina di eccessi a laboratorio europeo di turismo sostenibile. Se l’esperimento riuscirà, forse un giorno ricorderemo che tutto cominciò quando qualcuno ebbe il coraggio di dire basta al terzo mojito di troppo.