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Il Cigno Nero dell’inflazione: la Fed sta per far saltare i suoi vincoli monetari?

di Laurent Chaudeurge - membro del comitato investimenti di BDL Capital Management
 
Il Cigno Nero dell’inflazione: la Fed sta per far saltare i suoi vincoli monetari?
Il 1° dicembre 2025 la Fed ha interrotto il suo QT (Quantitative Tightening) per consentire al proprio bilancio di tornare a crescere. In teoria si tratta di un semplice aggiustamento tecnico per evitare una carenza di riserve bancarie. Ma in pratica questa decisione non è affatto irrilevante. Come osserva Ray Dalio, fondatore dell’hedge fund Bridgewater Associates, vedere la banca centrale ricreare riserve in cima al ciclo economico – quando le valutazioni sono talvolta eccessive, gli spread di credito ai minimi e la disoccupazione a solo il 4,3%, non è abituale. I mercati non si preoccupano perché il Quantitative Easing (QE) post-2008 non ha prodotto inflazione. Ma questa volta la Fed sta stimolando l’economia in fase di espansione e non di contrazione, mentre i vincoli introdotti dopo il 2008 si stanno lentamente allentando.

Per comprendere a pieno il nuovo scenario che si sta delineando, occorre ripartire da ciò che è cambiato dopo il 2008. Prima della grande crisi finanziaria, il sistema bancario funzionava in modo molto più semplice: requisiti di liquidità bassi, riserve non remunerate e livelli di capitale regolamentare modesti. Quando la Fed allentava le condizioni di finanziamento, la massa monetaria si riversava nell’economia reale nel giro di pochi mesi e la velocità della moneta era elevata.

Dopo il 2008, tutto è cambiato. Il QE ha fatto esplodere le riserve bancarie da 20–40 miliardi di dollari a quasi 3.000 miliardi oggi; tuttavia questa abbondanza di liquidità non si è tradotta in credito perché le regole del sistema sono state profondamente modificate.

Per prima cosa, il regolatore ha imposto alle banche di mantenere rapporti di liquidità molto più elevati per poter fronteggiare eventuali ondate di prelievi da parte dei risparmiatori. Il fabbisogno di attività liquide per ciascuna banca è quindi aumentato di un fattore compreso tra 3 e 5. Di conseguenza, le banche hanno limitato l’espansione del proprio bilancio per preservare la liquidità e l’attività creditizia si è rallentata.

In secondo luogo, la Fed ha iniziato a remunerare le riserve bancarie. Negli anni Settanta o Novanta, lasciare inattive le riserve non fruttava nulla: l’unico modo per generare reddito era concedere prestiti. Ma nel mondo post-QE la Fed permette alle banche di guadagnare senza rischio e senza fare nulla. E poiché questa remunerazione funge da tasso “pavimento”, anche famiglie e imprese mantengono la loro liquidità in strumenti remunerati. Il risultato è che il circuito tradizionale di trasmissione della politica monetaria si è inceppato e la moneta in circolazione è cresciuta lentamente, nonostante gli 8.000 miliardi di dollari aggiunti al bilancio della Fed dal 2008.

Infine, il regolatore ha imposto alle banche di rafforzare in modo significativo e duraturo i propri coefficienti di capitale. Il capitale è diventato raro e costoso per un decennio, frenando la crescita dei prestiti bancari.

Questi tre vincoli – requisiti di liquidità, remunerazione delle riserve e aumento dei fondi propri – hanno anestetizzato la trasmissione monetaria classica e fatto scendere la velocità della moneta a circa 1.12, il livello più basso mai registrato.

Ciò spiega l’anomalia del periodo post-2008: la Fed ha creato riserve, ma in assenza di credito bancario la moneta in circolazione non è cresciuta e l’inflazione è rimasta contenuta.

Il cigno nero può emergere se questi tre vincoli saltano simultaneamente, ed è questo che rende la situazione attuale inquietante. Una Fed che interrompe il QT in cima al ciclo non agisce più come un contrappeso, ma come un acceleratore. Al contempo aumentano le pressioni per allentare i requisiti di liquidità, ridurre i livelli di capitale regolamentare e accelerare i tagli dei tassi. Queste pressioni provenienti dai mercati e dalle stesse banche mirano ad alleggerire un impianto regolamentare ritenuto troppo oneroso. Tutti questi movimenti potrebbero liberare tra 1.500 e 2.000 miliardi di dollari di capacità aggiuntiva di prestito e accelerare la crescita della moneta in circolazione – e quindi dell’inflazione.

È sufficiente che una parte di questa somma si trasformi in credito bancario aggiuntivo perché l’inflazione riparta. Combinando una crescita della moneta in circolazione dell’8–12% (un ritmo già osservato nel 2020–2021) con un aumento della velocità verso 1,30–1,35 (ancora molto lontano dall’1,6–1,8 del periodo pre-2008), si arriverebbe meccanicamente a una crescita del PIL nominale del 6–8%. Con una crescita reale intorno al 2%, ciò implica un’inflazione naturale tra il 4 e il 6%.

Eppure, il mercato non considera nulla di tutto ciò. Le aspettative d’inflazione per il 2027–2028 rimangono attorno al 2,2–2,4%. Come se l’architettura post-crisi fosse immutabile. Ma non lo è. E la decisione della Fed di fermare il QT potrebbe essere il primo segnale di un sistema che si sta sbloccando. I cigni neri non nascono mai dai rischi che tutti sorvegliano. Nascono dalle evidenze che nessuno mette più in discussione.
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