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ING: Francia, le dimissioni di Lecornu aumentano i rischi per i conti pubblici
di Charlotte de Montpellier, Senior Economist, France and Switzerland di ING

La Francia sta entrando in una nuova fase di incertezza politica in seguito alle dimissioni del primo ministro Sébastien Lecornu, che ha lasciato l’incarico meno di un mese dopo la sua nomina. Nuove elezioni si fanno sempre più probabili, ma non saranno loro a risolvere i problemi del bilancio francese
Francia, un governo decisamente poco longevo quello di Lecornu
Il tentativo del Primo Ministro di formare un nuovo governo nella sera di domenica 5 ottobre 2025 è stato accolto con diffusa insoddisfazione. Nonostante i precedenti segnali secondo cui Lecornu intendeva governare senza invocare l'articolo 49.3 della Costituzione francese, un meccanismo che consente l'approvazione di leggi senza passare dal parlamento, la sua decisione di riconfermare diversi ex ministri è stata considerata dai partiti di opposizione troppo allineata alla politica del suo predecessore François Bayrou. E non è riuscita a convincere i critici che quello in corso potesse essere un reset politico.
La coalizione, precedentemente allineata al governo Bayrou e nota come "base comune", si è frammentata domenica sera, ottenendo solo 211 seggi, ben al di sotto dei 288 necessari per ottenere la maggioranza. I Repubblicani, componente chiave della destra della coalizione, sembravano pronti a uscire dal governo, destabilizzando ulteriormente la fragile alleanza. In risposta alla crescente pressione e alla mancanza di consenso, Lecornu ha scelto di dimettersi preventivamente, evitando un'uscita forzata.
Francia, cosa succede dopo le dimissioni di Lecornu
La strada da seguire rimane incerta. Il presidente francese Emmanuel Macron non ha ancora annunciato i suoi prossimi passi, ma le richieste di nuove elezioni legislative si stanno facendo sempre più forti in tutto lo spettro politico. A nostro avviso, la probabilità di nuove elezioni è aumentata notevolmente, sebbene queste potrebbero non risolvere il problema di fondo: un parlamento profondamente frammentato in cui più partiti ritengono di avere il mandato di governare da soli. Inoltre, un parlamento rinnovato non garantirebbe la cooperazione interpartitica e la probabilità che un partito ottenga la maggioranza dopo le elezioni è piuttosto bassa. Il RN (estrema destra) è il partito con maggiori probabilità di raggiungere questo obiettivo, ma la natura strategica delle elezioni parlamentari a doppio turno rende questa possibilità meno probabile di quanto i sondaggi possano suggerire.
Un'altra possibilità è la nomina di un (ulteriore) nuovo primo ministro, potenzialmente di sinistra. Tuttavia, questa opzione presenta le sue sfide. Un capo di governo proveniente da sinistra dovrebbe unificare il sostegno sia delle fazioni di sinistra sia di quelle di centro. Gruppi con opinioni molto divergenti. La probabilità di formare con successo una simile coalizione è bassa, dato l'attuale clima politico. In altre parole, le vicissitudini della politica francese potrebbero anche concludersi con elezioni parlamentari. Con le dimissioni di Lecornu, un ritorno alle urne appare molto più probabile.
Nel frattempo, alcune voci chiedono le dimissioni del presidente Macron. Sebbene questo scenario sia diventato leggermente più plausibile alla luce dei recenti sviluppi, a nostro avviso rimane altamente improbabile in questa fase.
Il bilancio 2026 è la potenziale vittima della paralisi politica
La situazione di stallo politico sta influenzando la pianificazione del bilancio. I recenti sviluppi indicano che le possibilità di approvare il bilancio 2026 prima della fine dell'anno sono ulteriormente diminuite. Pertanto, è probabile che la Francia inizi il nuovo anno con una proroga automatica del bilancio 2025. Ciò limiterebbe non solo le nuove iniziative di spesa ma, cosa ancora più critica, ogni sforzo per una riforma.
Questo ritardo significa che le misure di risanamento fiscale precedentemente promesse non si concretizzeranno. Il deficit di bilancio, stimato al 5,4% del PIL per il 2025, rimarrà probabilmente elevato e, anche nell'improbabile eventualità che venga formato un governo e approvato un bilancio, la debole crescita economica limiterà la riduzione del deficit. Nel nostro scenario di base, prevediamo che il deficit si attesterà intorno al 5% nel 2026. Di conseguenza, si prevede che il debito pubblico continuerà a crescere. Prevediamo che i livelli di debito raggiungeranno almeno il 116,7% del PIL il prossimo anno, rispetto al 113,1% del 2024. Questa traiettoria colloca la Francia nella peggiore posizione fiscale rispetto ai suoi omologhi dell'UE.
Questo ritardo nel bilancio rappresenta un problema per le autorità europee, poiché la Francia è attualmente sottoposta a una procedura per deficit eccessivo e dovrebbe presentare un piano di bilancio nelle prossime settimane. In questo contesto, è probabile che la Commissione adotti una posizione più dura nei confronti di Parigi e insista sulla necessità di ripristinare l'ordine nelle finanze pubbliche. Peraltro, il deterioramento dei conti francesi impedisce alla Banca Centrale Europea di utilizzare lo Strumento di Protezione della Trasmissione (TPI) per limitare l'aumento degli spread, almeno sulla carta. Naturalmente, se la sopravvivenza dell'Eurozona fosse minacciata dall'aumento degli spread, la BCE interverrebbe, ma non siamo ancora a quel punto e, per il momento, le circostanze non sono favorevoli all'utilizzo del TPI.
La crescita della Francia rimarrà indietro
La Francia si distingue ora come lo Stato membro dell'UE che si trova ad affrontare una combinazione letale di sfide politiche e fiscali. Zavorre che peseranno non poco sulle sue prospettive economiche nei prossimi trimestri, poiché indurranno imprenditori e famiglie a un atteggiamento attendista. Prevediamo una crescita del PIL di appena lo 0,8% nel 2026, dopo un tasso di crescita dello 0,6% nel 2025, inferiore alla media europea. Lo sblocco del potenziale economico della Francia rimarrà probabilmente limitato dalla paralisi istituzionale e dall'inerzia politica.