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I 5 driver della ripresa nei Mercati Emergenti
di Marco Piersimoni, Co-Head of Multi Asset Euro di Pictet Asset Management

L’analisi del contesto globale e di come questo possa influenzare gli asset emergenti offre alcuni spunti interessanti. Uno schema di ragionamento semplificato, che cerchi di isolare i fattori favorevoli alle attività finanziarie dei Paesi Emergenti, si basa su cinque fattori: tassi locali, dollaro, commercio, materie prime e Cina. Buona parte di queste cinque componenti risulta favorevole, se non nell’immediato quantomeno nella direzione (il caso della Cina); unico fattore non pienamente positivo è ovviamente il commercio, ma anche in questo caso ci sono segnali incoraggianti nelle dinamiche strutturali. Tutto ciò rende oggi attraenti i mercati emergenti, con premi al rischio piuttosto interessanti, soprattutto sui bond in valuta locale e su alcuni settori azionari. Restano però elevati i rischi idiosincratici: eventi geopolitici o shock specifici possono spostare bruscamente la narrativa di mercato.
Tassi locali
Uno degli aspetti chiave che guida l’attrattiva degli asset emergenti rispetto a quelli dei paesi sviluppati è il divario nei tassi di interesse. Tassi locali più elevati, rispetto ai paesi sviluppati, offrono spazio per manovre espansive e rendimenti reali interessanti. In media, i tassi di politica monetaria dei Paesi sviluppati si collocano intorno al 2,9%, contro il 6,8% dei Paesi emergenti, un livello che garantisce ampio margine per tagliare il costo del denaro. La possibilità di un allentamento monetario emerge poi in modo evidente se consideriamo i tassi di interesse reali, che sono sopra al 3%. Inoltre, alcuni Paesi, come il Sud Africa, hanno addirittura abbassato i target di inflazione già ambiziosi, dando prova di grande ortodossia monetaria. La dinamica dei prezzi è già sotto controllo in Asia, mentre in altre regioni (America Latina ed Europa dell’Est) la situazione sta migliorando, seppur più lentamente.
Dollaro
Il dollaro, guardando sia ai valori di equilibrio di lungo termine che al comportamento tipico nel periodo post-ciclo di tightening della Federal Reserve, appare sopravvalutato, mentre molte valute emergenti sembrano sottovalutate. Riteniamo che la dinamica di rafforzamento del dollaro sia giunta al termine, con possibili spazi per una rivalutazione delle valute emergenti, che beneficerebbero di un biglietto verde più debole, soprattutto per quanto riguarda il settore privato (indebitato in dollari). Inoltre, le performance delle divise emergenti sono strettamente legate al divario di crescita economica rispetto agli Stati Uniti, differenziale che negli ultimi mesi è andato a chiudersi.
Commercio
Un altro fattore che gioca a favore dei mercati emergenti è il cambiamento negli snodi del commercio. Di fatto stanno cambiando i flussi commerciali globali, con un’intensificazione del commercio all’interno del blocco degli emergenti, che sono dunque più diversificati rispetto ai rischi legati ai dazi. A partire dal periodo post-pandemia, le esportazioni tra i Paesi emergenti hanno mostrato una crescita più vivace rispetto a quella dei Paesi sviluppati. Un esempio significativo è il Vietnam: pur essendo un importante partner commerciale degli Stati Uniti (140 miliardi di dollari di export), al pari di Giappone e Germania, sta aumentando le sue esportazioni verso altri Paesi emergenti (oggi a 250 miliardi). Tuttavia, ci sono Paesi che potrebbero essere più vulnerabili ai dazi per via della loro esposizione verso gli Usa, come il Messico (l’80% dell’export è diretto negli Stati Uniti), o perché vendono beni facilmente sostituibili. Al contrario, i Paesi asiatici protagonisti della rivoluzione tecnologica e dei semiconduttori sono molto meno a rischio; Taiwan, per esempio, sebbene esporti negli Stati Uniti il 25% del suo export totale, produce beni ad altissima tecnologia che sono poco sostituibili. Anche la Cina ha ridotto fortemente la sua dipendenza dagli Usa, con la quota di export diretta verso gli Stati Uniti che è scesa dal 19 al 14% dalla prima presidenza Trump.
Materie prime
Il ciclo delle commodities è un altro tema importante per i mercati emergenti, con il prezzo delle materie prime industriali e del petrolio che dipende dal ciclo economico globale. Come detto in precedenza, questo è forse il fattore meno convincente: i fondamentali dell’equilibrio tra domanda e offerta delle materie prime stanno cambiando direzione solo negli ultimi mesi, mentre le quotazioni del greggio, in particolare, sono fortemente influenzate dalla volontà dell’amministrazione Trump di avere energia a basso costo. Non a caso, l’accordo siglato con l’Arabia Saudita, che prevede lo scambio di chip per petrolio a prezzi contenuti, ha evitato tensioni sulle quotazioni anche durante i momenti più convulsi della guerra tra Iran e Israele.
Cina
La situazione della Cina può essere descritta in gergo economico come “derivata seconda”, nel senso che il contesto economico non è brillante ma siamo nella fase di rallentamento del declino. Nonostante qualche timido segnale di ripresa, le vendite al dettaglio sono sotto il loro trend storico. Il problema principale è la scarsa fiducia dei consumatori alle prese con la crisi del settore immobiliare. Tuttavia, la Cina ha ampi margini di manovra sia sul piano fiscale che monetario, vista la crescita al di sotto del potenziale e una bassa inflazione. Inoltre, al contrario che in passato, il governo cinese ha fatto capire di essere pronto a usare le leve di politica economica per stimolare la crescita.
Obbligazioni
I mercati obbligazionari in valuta locale dei Paesi emergenti si presentano particolarmente interessanti. Innanzitutto, sul fronte della finanza pubblica gli emergenti si trovano in una situazione migliore rispetto ai Paesi sviluppati. I livelli del debito pubblico sono inferiori, attestandosi intorno al 60% del Pil contro il 100% degli Stati avanzati, e i saldi fiscali sono generalmente migliori. Anche il debito privato, nonostante una recente risalita, appare sotto controllo (in media all’80% del Pil rispetto al 180%). Inoltre, la gestione del debito estero è migliorata, riducendo il rischio di deficit gemelli (disavanzo fiscale e commerciale), che storicamente ha colpito molti Paesi emergenti. Nel segmento del reddito fisso, America Latina, Brasile, Messico, Colombia e Perù presentano tassi reali ben al di sopra della media storica e su livelli molto vicini ai massimi del range, mentre in Asia e nell’est Europa siamo su valori intorno alle medie. Con questi rendimenti - il Brasile, ad esempio, offre tassi reali vicini all’8% - i Paesi emergenti rappresentano un’opportunità, in grado di offrire non solo un buon ritorno sugli investimenti.
Azioni
Sebbene l’equity dei paesi emergenti non abbia offerto grandi soddisfazioni negli ultimi vent’anni, in prospettiva ci aspettiamo un miglioramento. I motivi della sottoperformance sono sia di natura fondamentale che di natura tecnica. Oltre a una forte riduzione dei profitti a partire dagli anni 2000, bisogna considerare che, al contrario dei Paesi sviluppati, in quelli emergenti i prezzi delle azioni sono stati diluiti dalle numerose quotazioni. Tuttavia, questo fenomeno si è ormai esaurito. Paesi come Taiwan e la Corea del Sud, con aziende tecnologiche all’avanguardia, offrono opportunità interessanti, soprattutto in termini di crescita futura, mentre altre aree come l’India, seppur costose, continuano ad attrarre investitori a causa del loro forte potenziale di crescita strutturale.
Posizionamento e fattori idiosincratici
Dopo diversi anni di scarso interesse verso i mercati emergenti, negli ultimi tempi si sta registrando un’inversione di tendenza, soprattutto per quanto riguarda i flussi istituzionali. Quasi un terzo dei riscatti azionari (32 miliardi) dell’ultima ondata di deflussi (110 miliardi) è stato infatti reinvestito. C’è stata anche una ripresa dei flussi sui prodotti che investono in bond in valuta locale, ma che non si è esteso alle obbligazioni denominate in dollari, che garantiscono rendimenti comunque interessanti.
Infine, i fattori idiosincratici – come instabilità politica o crisi locali – continuano a rappresentare un rischio per gli investimenti nei mercati emergenti. Tuttavia, gli investitori stanno imparando a gestire questi rischi, considerandoli nel contesto di un potenziale rendimento più elevato. In generale, negli ultimi mesi lo scenario ha dato segnali di miglioramento ed anche i momenti di difficoltà del 2025, come ad esempio la svalutazione della lira turca, non hanno causato corti circuiti. Nel complesso, l’evoluzione futura potrebbe presentare diverse opportunità interessanti per gli investimenti nei mercati emergenti.
Le informazioni, opinioni e stime contenute nel presente documento riflettono un’opinione espressa alla data originale di pubblicazione e sono soggette a rischi e incertezze che potrebbero far sì che i risultati reali differiscano in maniera sostanziale da quelli qui presentati.