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Global High Yield: rendimento solido in un mondo che cambia

A cura di Tim Crawmer, Global Credit Strategist e Frasat Shah, Portfolio Manager Global Fixed Income di Payden & Rygel
 
Global High Yield: rendimento solido in un mondo che cambia

Nell’universo del reddito fisso, il credito high yield globale si conferma, oggi più che mai, una componente strategica per gli investitori alla ricerca di rendimenti reali e diversificazione. Nonostante gli spread si attestino su livelli storicamente compressi, la combinazione di fondamentali aziendali solidi, duration contenuta e flussi di domanda costanti, superiori all'offerta, mantiene l'asset class in una posizione favorevole per gli investitori professionali. Dal nostro punto di vista, la vera sfida e opportunità risiede nell'analisi delle motivazioni che guideranno le azioni delle Banche Centrali e nella selezione delle storie societarie in grado di creare valore in contesti macroeconomici anche profondamente diversi.

Oggi, il tema cruciale non è se le Banche Centrali, a partire dalla Federal Reserve, taglieranno i tassi, ma perché lo faranno. Se l’allentamento monetario sarà il risultato di un raffreddamento duraturo dell’inflazione, accompagnato da un mercato del lavoro solido, il credito high yield potrà beneficiare di un contesto favorevole: i tassi di default rimarranno contenuti, le imprese continueranno a rifinanziarsi a condizioni sostenibili e gli investitori potranno godere di cedole generose in un quadro di stabilità. Se, invece, i tagli dovessero essere una risposta a un brusco indebolimento della crescita e a un aumento della disoccupazione, lo scenario cambierebbe radicalmente, con un probabile aumento dei tassi di insolvenza e un rischio di credito più elevato. Per questo motivo, monitoriamo attentamente l’evoluzione del mercato del lavoro. Finora abbiamo registrato solo un lieve rallentamento, non un deterioramento strutturale: finché l'occupazione resta robusta, i tagli dei tassi potranno essere interpretati come misure preventive e non difensive, favorendo un quadro di crescita moderata che sostiene il credito high yield. Anche un eventuale rallentamento del percorso di tagli da parte della Fed potrebbe rivelarsi positivo, se dettato da una forte domanda interna e da consumi solidi: segnali che rafforzerebbero il sostegno agli asset rischiosi. Diverso sarebbe il caso di un'improvvisa accelerazione dell'inflazione che costringerebbe la Banca Centrale a mantenere i tassi elevati, generando volatilità sui mercati obbligazionari.

Sul fronte dei flussi, la situazione resta positiva. Molta liquidità globale è ancora parcheggiata in strumenti a breve termine, favorita dai rendimenti attuali. Tuttavia, con il progressivo calo dei tassi ufficiali, il costo opportunità di mantenere la liquidità aumenterà, spingendo i capitali verso asset class a rendimento più elevato. Il credito high yield offre una combinazione unica di carry elevato e bassa duration, che lo rende particolarmente interessante in un contesto in cui l'attenzione è focalizzata sul reddito cedolare piuttosto che sull'apprezzamento del capitale. L'investment grade, pur essendo importante per la costruzione di portafogli bilanciati, non offre lo stesso premio di rendimento a parità di rischio di tasso. Ci aspettiamo, quindi, che il flusso verso l'high yield rimanga vigoroso, sostenendo i prezzi anche in presenza di spread già compressi.

Dal punto di vista delle valutazioni, oggi nessuna regione sembra "a sconto": gli Stati Uniti, l'Europa e i mercati emergenti hanno tutti beneficiato di un restringimento degli spread. La differenza di performance deriverà quindi dalla selezione bottom-up degli emittenti. La nostra strategia privilegia le obbligazioni con rating BB/B, fascia che storicamente ha garantito il miglior equilibrio tra rischio e rendimento, e mantiene un'esposizione molto limitata alle CCC, pari a circa il 2%, riservata a storie in cui la nostra analisi individua un chiaro potenziale di miglioramento del profilo finanziario. Non cerchiamo casi di ristrutturazione estrema, ma aziende che siano in grado di ridurre la leva finanziaria e rafforzare il bilancio.

L’analisi dei fondamentali conferma la validità di questo approccio. I tassi di default si attestano intorno al 3% su base emittente e sono concentrati in comparti specifici, come i media e le telecomunicazioni (si pensi ai casi di Altice France o Sinclair negli Stati Uniti) e in alcune nicchie del retail e della chimica. Nessuna di queste aree rappresenta tuttavia una minaccia sistemica per il mercato. Un tema rilevante è la riduzione dei tassi di recupero: nelle insolvenze "pure" sono scesi verso il 30% (rispetto a una media storica del 60%), a causa di covenant più permissive. Nei processi di liability management, invece, i recuperi restano prossimi ai livelli storici. Ciò rafforza la necessità di essere presenti ai tavoli di ristrutturazione ed evitare posizioni in cui l’accesso alle informazioni sia limitato.

Un altro elemento di sostegno tecnico è rappresentato da una nuova offerta molto contenuta. In Europa si è addirittura registrata un'offerta netta negativa, non per mancanza di domanda, ma perché molte società non sentono il bisogno di aumentare il proprio indebitamento. Le attività di M&A e leveraged buyout, che in passato avevano generato un'ondata di nuove emissioni, restano limitate. La stessa dinamica si osserva nei mercati emergenti che rappresentano una parte importante del benchmark high yield globale. L'offerta è bassa, ma le emissioni di qualità, come il recente collocamento di Petrobras, hanno raccolto ordini multipli rispetto alla dimensione dell'emissione, a dimostrazione di un interesse molto elevato. Sul fronte geografico, adottiamo un approccio agnostico, ma riserviamo un'attenzione particolare ai settori più ciclici. Nei mercati emergenti, evitiamo il settore immobiliare cinese e manteniamo un'esposizione selettiva ai settori dell'energia, dei metalli e delle materie prime, che sono più sensibili alla volatilità dei prezzi. Le opportunità non mancano, ma richiedono un'attenta analisi della capacità delle singole aziende di generare cassa e di gestire il proprio debito in contesti globali complessi. Non possiamo infine trascurare alcune sfide strutturali, come l'aumento dei deficit fiscali in economie chiave quali gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia. Questi squilibri possono influire, nel medio periodo, sui rendimenti governativi e, per estensione, sul costo del capitale per le aziende.

Guardando ai prossimi 12-18 mesi, riteniamo che il credito high yield globale continuerà a configurarsi come una strategia di carry più che di capital gain. Non prevediamo un forte restringimento degli spread, ma il rendimento cedolare elevato e la duration inferiore all'investment grade rendono questa asset class capace di autoripararsi rapidamente anche in caso di episodi di ampliamento. In un mondo di rendimenti reali in calo e di volatilità geopolitica intermittente, il credito high yield globale rimane un pilastro fondamentale per i portafogli bilanciati che puntano a ottenere reddito e diversificazione. In questo contesto, il successo dipenderà dalla gestione attiva, dalla disciplina nella selezione dei singoli emittenti e da una valutazione costante dei rischi. Solo così il credito high yield potrà continuare a offrire valore reale e sostenibile agli investitori professionali.

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