Economia

Giornata Mondiale degli Insegnanti, in Italia tra i meno paganti in Europa

di Redazione
 
Giornata Mondiale degli Insegnanti, in Italia tra i meno paganti in Europa
Il 5 ottobre, data scelta da UNESCO e ILO per la Giornata Mondiale degli Insegnanti, si celebra la figura cardine dell'educazione, ma in Italia, la ricorrenza si carica di una pressante urgenza politica ed economica. Mentre il mondo riconosce il ruolo cruciale dei docenti per l'attuazione dell'Obiettivo 4 dell'Agenda 2030, nel nostro Paese si ripropone, in maniera drammatica, l'interrogativo: quanto vale davvero, in termini economici, il lavoro di chi forma le nuove generazioni?

La mossa del Governo di stanziare 240 milioni di euro per sbloccare la negoziazione non ha convinto i sindacati, rivelandosi un'operazione di ristrutturazione interna più che un vero investimento con nuova finanza. "A questa penalizzazione nei confronti dei colleghi degli altri Paesi - commenta Gianna Fracassi, segretaria generale Flc Cgil - se ne aggiunge un’altra non meno grave in rapporto ai dipendenti pubblici italiani. La retribuzione dei lavoratori del comparto Istruzione e ricerca è inferiore del 22,95% (meno 8.587 euro annui) rispetto alla media retributiva dei lavoratori dei ministeri centrali e del 18,62% (meno 6.804 euro annui) rispetto alla media di tutta la pubblica amministrazione".

Questa cifra, che si traduce in aumenti medi mensili lordi di circa 140 euro, deriva interamente dalla rimodulazione di voci di spesa già esistenti nel bilancio del Ministero dell'Istruzione: fondi non utilizzati per la formazione e la valorizzazione, e il rinvio al 2026 della riorganizzazione del personale ATA.

In termini puramente finanziari: si tratta di una manovra di cassa una tantum, insufficiente a innescare una dinamica di riallineamento strutturale. I sindacati definiscono questi stanziamenti un "tampone" incapace di colmare la perdita di potere d'acquisto reale aggravata dall'inflazione post-2021.

Il report "Education at a Glance 2025" dell'OCSE è il documento d'accusa economico. Non si tratta di polemica ideologica, ma di un dato di competitività: lo stipendio dei docenti italiani è inferiore del 15% rispetto alla media europea, con la scuola primaria che segna un -18%.

La distanza dai principali partner economici è clamorosa: il docente italiano guadagna circa il 70% in meno rispetto al collega tedesco (parità di potere d'acquisto), il 27% in meno dello spagnolo e il 23% in meno del francese.

La vera partita finanziaria si gioca sul medio-lungo termine. Il Governo ha previsto stanziamenti per il rinnovo dei contratti pubblici in crescita: da 1.755 milioni nel 2025 a 5.550 milioni annui dal 2027.

Questa traiettoria promette una crescita retributiva tendenziale tra l'1,8% e il 2%. Il problema è duplice: queste percentuali sono giudicate insufficienti per sanare il deficit salariale pluriennale accumulato, se l'inflazione si dovesse attestare su livelli superiori al 2% nei prossimi anni (come avvenuto post-2021), l'aumento retributivo in termini reali si azzererebbe, o addirittura diverrebbe negativo.

La Giornata Mondiale degli Insegnanti 2025 mette in luce un dilemma di bilancio critico: il Governo deve decidere se continuare con interventi incrementali minimi che mantengono il basso costo del lavoro nel settore scuola, perpetuando però il rischio sistemico di depauperamento del capitale umano, oppure optare per un investimento shock necessario a riallineare la spesa al benchmark europeo e garantire un futuro competitivo all'istruzione italiana.
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