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Giappone verso un rialzo dei tassi: la Bank of Japan prepara il terreno
di Anthony Willis, Investment Manager di Columbia Threadneedle Investments

Questa settimana analizziamo più da vicino il Giappone e la crescente probabilità di un rialzo dei tassi alla fine di dicembre. La possibilità di una stretta appare oggi molto più concreta rispetto a una settimana fa, grazie soprattutto al discorso pronunciato lunedì scorso dal governatore della Bank of Japan, Kazuo Ueda, che ha richiamato i “pro e contro” di un aumento del tasso ufficiale, sottolineando che “tutto sarà preso in considerazione” in vista della riunione di politica monetaria del 18-19 dicembre.
Perché il Giappone sta valutando un rialzo dei tassi? L’inflazione si colloca oggi al 3%, in calo rispetto al picco del 4,3% registrato all’inizio del 2023, ma ben al di sopra dei livelli dell’ultimo decennio, in cui si è mantenuta generalmente sotto l’1%, salvo alcuni brevi aumenti fino all’1,5% legati all’incremento dell’imposta sui consumi. Il Paese ha sperimentato fasi di deflazione nel 2016 e nuovamente nel 2020-2021.
Con un’inflazione al 3% e un tasso ufficiale fermo allo 0,5%, è utile ricordare il percorso recente dei tassi giapponesi: tra il 2009 e il 2016 sono rimasti allo 0,1%, per poi essere ridotti a –0,1%. Dal 2024 sono stati gradualmente aumentati fino all’attuale 0,5%.
L’inflazione è attesa rallentare gradualmente verso il 2%, mentre il ciclo primaverile della crescita salariale – lo shuntō – era stato considerato un potenziale indicatore per definire la tempistica del prossimo rialzo. Tuttavia, la Bank of Japan sembra ora disposta a intervenire con maggiore rapidità rispetto a quanto previsto in precedenza. A ciò si aggiunge il recente pacchetto di stimoli fiscali annunciato dalla nuova Primo Ministro Sanae Takaichi, volto a rafforzare l’economia: un intervento da 135 miliardi di sterline destinato a sostenere la crescita, che secondo i dati trimestrali del PIL appare ancora moderata.
Quali sono quindi le implicazioni per i mercati? Il “carry trade” sullo yen si è rivelato estremamente remunerativo negli ultimi anni: una strategia basata sul prendere a prestito yen a costi molto ridotti per investire in attività con rendimenti più elevati all’estero. Le stime della dimensione di questo fenomeno variano, ma secondo il Financial Times potrebbero aggirarsi tra alcune centinaia di miliardi e un trilione di dollari statunitensi.
Storicamente, i rialzi dei tassi da parte della Bank of Japan hanno generato forte volatilità sugli asset finanziari, in particolare sui titoli di Stato giapponesi ma anche sui mercati obbligazionari internazionali. Tale volatilità tende a propagarsi anche alle azioni. Negli ultimi anni, i flussi di capitale dall’estero verso il Giappone sono aumentati e l’incertezza sui tassi rappresenta sempre un elemento destabilizzante: lo si è visto nell’estate del 2024, quando un rialzo dei tassi provocò un crollo del 12% dell’indice Nikkei in una sola giornata.
Questa volta la Bank of Japan sembra impegnata in una comunicazione più accorta, certamente più chiara rispetto al 2024. Tuttavia, un’eventuale stretta potrebbe modificare i flussi di capitale globali, soprattutto se l’Istituto dovesse suggerire ulteriori interventi nei mesi successivi, come appare probabile. Un ulteriore disfacimento del carry trade potrebbe generare nuovi movimenti nei mercati. Con diversi meeting delle banche centrali in calendario nelle prossime settimane, le comunicazioni della Bank of Japan sembrano destinate ad attirare particolare attenzione.