Sconosciuto al fisco, titolano i giornali. E non solo, aggiungo io, con il malcelato stupore di chi, come molti, si chiede chi diamine sia mai questo Daniele De Martino, professione: cantante neomelodico. Artista, direbbero alcuni. Ma la sola idea di attribuirgli tale titolo mi fa venire le bolle. Riavvolgiamo il nastro e vediamo perché il nostro eroe è balzato agli onori della cronaca. Giudiziaria, ovviamente. I fatti sono di un’eloquenza sconcertante: in quasi sei anni, tra esibizioni in piazza, matrimoni e feste private, il nostro cantante ha accumulato un incasso di circa 850 mila euro. Peccato che abbia dimenticato un piccolo dettaglio: dichiararli al Fisco.
Tre anni di dichiarazioni dei redditi mancanti, come se il denaro piovesse dal cielo e non avesse bisogno di passare attraverso quel fastidioso meccanismo chiamato tassazione. Ma attenzione, la storia non finisce qui: perché i finanzieri del Comando provinciale di Palermo, fulminati sulla via di Sant'Agostino d'Ippona (protettore dei contribuenti), hanno eseguito un sequestro di beni per oltre 220 mila euro. Tra i gioielli sequestrati, ovviamente, non poteva mancare il classico Rolex, accessorio imprescindibile per chiunque voglia ostentare un certo status.
Non poteva poi mancare il dettaglio che aggiunge un tocco tragicomico alla vicenda: il nostro De Martino risultava parte di un nucleo familiare percettore del reddito di cittadinanza. Proprio così: mentre incassava cachet da capogiro, ufficialmente risultava indigente. E non era solo: il padre, complice di questa piccola svista amministrativa, ha incassato quasi 40 mila euro di sussidi indebiti: capito Giuseppi? Ma soffermiamoci un attimo sulla sua carriera (sigh sigh). Non contento di evadere le tasse, il nostro neomelodico di fiducia (Nino D’Angelo perdonaci) si è fatto notare per le sue frequentazioni quantomeno discutibili.
Sequestrati Rolex e gioielli al cantante melodico De Martino
Ha firmato brani che inneggiano ai boss mafiosi, ha posato per selfie con membri di famiglie criminali, ha persino allietato con la sua ugola d’oro il matrimonio della figlia di un narcotrafficante calabrese. Un curriculum di tutto rispetto, insomma. E non è finita: quando un impresario del settore, Salvatore Buongiorno, osò criticarlo pubblicamente, De Martino rispose con una diretta Facebook. Un’idea brillante, se non fosse che tale trovata scatenò le ire di Giuseppe Incontrera, boss di Porta Nuova, il quale gli fece notare “gentilmente” che certe questioni si risolvono in modo più discreto. Perché, si sa, anche la criminalità ha il suo galateo. Non si può certo dire che la carriera (sigh sigh sigh) del nostro sia stata priva di ostacoli.
I suoi concerti sono stati annullati da vari sindaci e questori, che hanno visto nelle sue performance un veicolo di messaggi quantomeno discutibili. A Palermo, a Teramo, a Eboli, la musica di De Martino è stata stoppata perché giudicata contraria all’etica e all’ordine pubblico. Eppure, la sua fama nel sottobosco neomelodico è rimasta intatta, anzi, rafforzata. Perché, come spesso accade in Italia, più si è invischiati in certe dinamiche, più si diventa icone di un certo pubblico.
Eppure, c’è qualcosa che continua a stupire. Possibile che ci siano voluti anni per accorgersi che un uomo che si esibiva nelle piazze, pubblicizzava concerti sui social e firmava contratti con tanto di selfie fosse totalmente sconosciuto al Fisco? Non serviva certo la sfera di cristallo per intuire che qualcosa non tornava. Eppure, nessuno ha visto, nessuno ha sentito, nessuno ha parlato. Poi, all’improvviso, ecco la grande scoperta: Daniele De Martino non aveva nemmeno una partita IVA.
Un colpo di scena che neanche in una soap opera di terza categoria. La verità è che questa storia non fa altro che confermare una triste realtà: la nostra burocrazia è cieca, sorda e inefficace quando si tratta di prevenire, ma si sveglia all’improvviso quando ormai il danno è fatto. E così, mentre il buon De Martino si godeva i suoi proventi esentasse, migliaia di piccoli imprenditori e lavoratori autonomi si trovavano a combattere con tasse, balzelli e sanzioni per il minimo ritardo in un pagamento. Due pesi, due misure. Come diceva Totò, e io pago!