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Commento settimanale del Global Credit Team di Algebris Investments

 
Piano per l’Ucraina – Una questione americana

Trump ha avviato i negoziati di pace con Putin per risolvere il conflitto in Ucraina. Questa mossa ha sollevato preoccupazioni tra i funzionari europei e ucraini, che temono che l’Ucraina possa essere costretta a cedere territori senza adeguate garanzie di sicurezza. Zelenskyy insiste per essere incluso in qualsiasi negoziato di pace e si sta coordinando con gli Stati Uniti per sviluppare una strategia unitaria prima di impegnarsi direttamente con Putin. L’accordo di pace proposto potrebbe prevedere che l’Ucraina rinunci alle rivendicazioni su alcuni territori e accetti uno status di neutralità, mentre l’Europa assumerebbe un ruolo più significativo nella ricostruzione e nella sicurezza postbellica dell’Ucraina.La Munich Security Conference dello scorso fine settimana ha rivelato un panorama politico più complicato di quello descritto da Trump: i leader europei sono infatti desiderosi di partecipare ai negoziati e il discorso del vicepresidente Vance ha scatenato rabbia diffusa. Vediamo un percorso verso un accordo nel primo trimestre del 2025, ma la strada sembra più accidentata di quanto il mercato stia valutando.

Commercio USA – Più tariffe, più tempo

La scorsa settimana Trump ha annunciato la politica dei dazi, in base alle quali gli Stati Uniti mirano ad eguagliare qualsiasi tariffa estera, ma determinando il livello esatto paese per paese. È probabile che le tariffe entrino in vigore il 1° aprile, ma vista la storia recente, la data potrebbe anche essere posticipata in seguito a negoziati. I dettagli non sono chiari: se i dazi riguarderanno tutti i Paesi a livello globale, quali beni saranno colpiti e quanto sarà immediata l’entrata in vigore. Tutto questo ha innescato una reazione risk-off negli asset europei, dove l’industria automobilistica è probabilmente la più bersagliata, e un calo dei rendimenti dei titoli di Stato. Per ora, lo scenario di base è sempre lo stesso: ulteriori dazi sulla Cina, sull’industria automobilistica europea e sugli import rilevanti come tech e pharma.

Inflazione USA – Timori stagionali

L’inflazione CPI statunitense ha sorpreso fortemente al rialzo mercoledì scorso, mostrando un andamento simile a quello dei precedenti mesi di gennaio in presenza di distorsioni stagionali. L’inflazione CPI core è stata stampata a 45pb al mese e l’inflazione supercore a 76pb al mese, che su una media di tre mesi annualizzano rispettivamente il 3,9% e il 5,4%. Le componenti dell’IPP che confluiscono nell’inflazione PCE sono state tuttavia negative, per cui l’inflazione PCE core dovrebbe aumentare a un ritmo più moderato di circa 30pb al mese, con un’annualizzazione del 2,3% sulla media a tre mesi. L’andamento nel 2024 è stato molto simile, con l’inflazione di tutte le categorie in forte aumento per effetto della stagionalità, sollevando un dibattito sulla probabilità di ulteriori rialzi. Quest’anno la differenza è che le aspettative di inflazione sono comunque in aumento sotto Trump, per cui un rialzo stagionale dell’inflazione nel primo trimestre rappresenta un problema molto più grande. Saranno necessari diversi mesi per confermare se questo gennaio è stato davvero guidato dalla stagionalità o meno, ma crediamo che per il momento l’asticella per un rialzo da parte della Fed sia ancora alta.
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