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Columbia Threadneedle Inv. - Cartolina macro dal Brasile a cura di Anthony Willis
di Anthony Willis, Investment Manager di Columbia Threadneedle Investments

L’analisi di questa settimana prende in esame il contesto economico e politico del Brasile, la cui economia sembra essere rimasta indietro rispetto al ritmo di crescita di altri mercati emergenti, superata dall’ascesa di Cina e India. Tuttavia, il Paese si avvia verso un periodo cruciale, sia dal punto di vista culturale che politico. Il 2026 sarà un anno importante per il Brasile, che ospiterà la Coppa del Mondo FIFA insieme a Canada e Stati Uniti. La Seleção, la nazionale brasiliana, cercherà di tornare alla vittoria dopo oltre vent’anni dall’ultimo trionfo, nonostante il record di cinque successi conquistati nei cinquant’anni fino al 2002. Ancora più rilevante per i mercati finanziari, si terranno le elezioni presidenziali in un contesto in cui la precedente tornata elettorale continua a produrre conseguenze.
Il presidente in carica, Lula, punta a un nuovo mandato. Si troverà di fronte un candidato di destra ancora da definire. Nei suoi primi due mandati, dal 2003 al 2010, sia il Brasile sia Lula hanno beneficiato del boom delle materie prime a livello globale. Lula è diventato uno dei leader più popolari al mondo e un punto di riferimento per i mercati emergenti. Alla fine del suo secondo mandato, nel 2010, i titoli azionari brasiliani rappresentavano oltre il 16% dell'indice MSCI Emerging Markets, ma oggi, a causa dell'ascesa di Cina e India, il loro peso si è ridotto al 4,4%.
Sebbene l’entusiasmo nei confronti dei mercati emergenti e del Brasile si sia affievolito rispetto a quel periodo, molte delle tendenze che avevano suscitato tanto interesse restano attuali: dalle materie prime alla demografia, dall’ascesa di una classe media emergente fino all’agricoltura. Le materie prime rimangono cicliche, ma il Brasile è diventato una potenza agricola globale: Un Paese che ha saputo trasformarsi da realtà segnata dall’insicurezza alimentare al principale esportatore netto di generi alimentari a livello globale. Oggi il Brasile conta più capi di bestiame che abitanti ed esporta oltre 3 milioni di tonnellate di carne bovina all’anno (dato 2023). Il Paese ha inoltre saputo diversificare i propri partner commerciali, con solo il 13% delle esportazioni destinate agli Stati Uniti e il 28% alla Cina. Sul piano sportivo, il Brasile continua a esportare più calciatori professionisti di qualsiasi altro Paese: oltre 3.000 negli ultimi cinque anni.
Siamo ora in un momento in cui politica e commercio si intrecciano: il Brasile si trova a dover affrontare le tariffe più alte tra tutti i Paesi che commerciano con gli Stati Uniti. Una situazione paradossale, se si considera che il Paese registra un deficit commerciale nei confronti di Washington. Oltre alla tariffa globale di base del 10%, il presidente Trump ha imposto un ulteriore dazio del 40% sul Brasile. Una misura non motivata da questioni strettamente commerciali, bensì dal fatto che Trump denuncia una presunta “caccia alle streghe” contro Jair Bolsonaro, l’ex presidente di destra, che a breve affronterà un processo con l’accusa di aver cospirato per restare al potere dopo la sconfitta elettorale del 2022. Una condanna potrebbe comportare per Bolsonaro decenni di carcere. Questa percepita ingerenza statunitense ha rafforzato il consenso interno di Lula, che potrà attribuire eventuali difficoltà economiche non alla mancata approvazione del bilancio, ma alle politiche tariffarie di Trump. Le stime indicano che l’impatto di tali misure sottrarrà circa lo 0,4% al PIL nel corso dell’anno.
Nel dettaglio, carne bovina e caffè brasiliani dovranno ora affrontare dazi pari al 50%, mentre il succo d’arancia è stato esentato – un sollievo, considerando che il Brasile rappresenta il 70% di tutto quello consumato negli Stati Uniti. Il Paese è il principale fornitore estero verso gli USA per tutte e tre queste materie prime agricole e soddisfa il 20% del consumo statunitense di carne bovina.
La durata e la portata di queste tariffe restano soggette alla volontà politica del presidente Trump, soprattutto perché non rispondono all’obiettivo tradizionale di ridurre squilibri commerciali. Nel frattempo, Lula non intende arretrare di fronte a quella che considera un’ingerenza esterna e sta cercando di trarne vantaggio politico.
Quali scenari si delineano per il Brasile? Le tendenze strutturali di lungo periodo rimangono solide, ma nel breve termine l’impatto delle tariffe statunitensi e il processo a carico dell’ex presidente Bolsonaro sembrano destinati a dominare l’agenda in vista delle elezioni del 2026. Dal nostro punto di vista, l’approccio top-down sui mercati emergenti resta positivo. Molti dei fattori che oltre 15 anni fa avevano acceso l’interesse degli investitori sono ancora presenti; in aggiunta, la valutazione relativa rispetto ai mercati sviluppati, dinamiche di debito più favorevoli e, in diversi casi, politiche economiche più convenzionali ci portano a ritenere che i mercati emergenti possano tornare a offrire un contesto più premiante per gli investitori. Ciò risulta particolarmente vero per coloro che guardano oltre un mercato statunitense ancora dominato dall’incertezza politica e dalle sorti di sei o sette società tecnologiche mega cap.