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Columbia Threadneedle Inv. - Il presidente Trump continua a guidare l'agenda delle notizie
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Si chiude un'altra settimana densa di notizie, con i dazi che non sono mai stati troppo lontani dai titoli dei giornali, dopo che il Presidente Trump ha annunciato la sua intenzione di imporre “tariffe reciproche” ai partner commerciali degli Stati Uniti, senza dare molti dettagli se non dire “molto semplicemente, se loro ci fanno pagare, noi facciamo pagare loro”. Inoltre, ha annunciato tariffe del 25% sulle importazioni di acciaio e alluminio dagli Stati Uniti, a partire dal prossimo mese. Trump ha anche lasciato intendere che queste tariffe “potrebbero essere più alte” ad un certo punto.
Il Presidente USA ha poi dato ordine ai suoi consiglieri commerciali di proporre nuove tariffe “paese per paese” come ritorsione contro tutto ciò che per gli Stati Uniti si possa ritenere “ingiusto”, come tasse, regolamenti e sussidi. La Casa Bianca ha rimarcato il rischio di tariffe aggiuntive per UE, Brasile, India, Giappone e Canada. Trump ha descritto l'UE come “molto scorretta”, criticando il regime IVA dell'UE, la tassa sui servizi digitali e le azioni di regolamentazione contro le aziende tecnologiche statunitensi. I funzionari della Casa Bianca hanno dichiarato che prevedono di utilizzare diversi poteri legali all'interno del Trade Act e dell'International Emergency Economic Powers Act per aggirare il Congresso. Dall’altra parte, la mancanza di dettagli e di una tempistica precisa in merito all’applicazione di queste tariffe ha generato una sorta di rally di sollievo nei mercati. L'opinione prevalente considera i proclami sulle tariffe più come un punto di partenza per negoziare con i singoli Paesi e che l'assenza di un'attuazione immediata consenta di generare pressioni finalizzate all’ottenimento di accordi.
Il Presidente Trump si è mosso in maniera importante anche in ambito geopolitico, annunciando l'inizio dei negoziati con la Russia per un accordo di pace in Ucraina. Mercoledì Trump ha dichiarato di aver avuto una telefonata “lunga e molto produttiva” con il Presidente Putin e di aver “concordato che i nostri rispettivi team inizino immediatamente i negoziati”. Trump incontrerà Putin in data da concordare in Arabia Saudita e i due si sono invitati reciprocamente nelle rispettive capitali. Trump ha affermato che è improbabile che l'Ucraina ritorni ai confini precedenti al 2014, ma “una parte di quella terra verrà restituita”. Il Presidente ha anche affermato che non c'è alcuna possibilità che l'Ucraina entri a far parte della NATO, facendo eco ai commenti del suo Segretario alla Difesa, Pete Hegseth, secondo cui “gli Stati Uniti non ritengono che l'adesione dell'Ucraina alla NATO sia un risultato realistico di una soluzione negoziata”. Hegseth ha anche dichiarato a un vertice sulla difesa a Bruxelles che le nazioni europee dovranno fornire la quota “preponderante” di finanziamenti per l'Ucraina e che è oggi “irrealistico” aspettarsi un ristabilimento dei confini precedenti al 2014. Hegseth ha specificato: “Dobbiamo iniziare a riconoscere che ristabilire i confini dell'Ucraina ante 2014 è un obiettivo irrealistico, e inseguire questo obiettivo illusorio non farà altro che prolungare la guerra e causare ulteriori sofferenze”. Circa il 20% del territorio ucraino è attualmente sotto il controllo russo. Anche il Presidente Zelensky ha affermato di aver parlato con Trump di una “pace duratura e affidabile”. Zelensky ha poi aggiunto che “non ci potranno essere colloqui sull'Ucraina senza l'Ucraina”, ma è possibile che le decisioni vengano prese senza il suo coinvolgimento.
I colloqui diretti tra Trump e Putin rappresentano un enorme cambiamento diplomatico: la telefonata di mercoledì è stata la prima volta che Stati Uniti e Russia si sono parlati ai massimi livelli dall'inizio dell'invasione del 2022. La Russia non ha bisogno di fare grandi concessioni; il tempo è dalla sua parte. La “proposta di pace” di Putin dell'estate scorsa non faceva concessioni sul territorio, bloccava l'adesione dell'Ucraina alla NATO e prevedeva la cancellazione di tutte le sanzioni occidentali contro la Russia. Ciò che è chiaro è che il Presidente Trump vuole ottenere un accordo che ponga fine al coinvolgimento e al sostegno monetario degli Stati Uniti per l'Ucraina. Il mantenimento della pace, con l'Ucraina fuori dalla NATO, sarà un problema finanziario e politico che l'Europa, e non gli Stati Uniti, dovrà affrontare negli anni a venire. È probabile che l'Ucraina avrà poca voce in capitolo e che la Russia riesca a mantenere il territorio conquistato. A livello globale, lo spettro di Stati Uniti, Russia e Cina con ambizioni territoriali più ampie ha il potenziale per settare il “tono” della geopolitica del prossimo decennio e oltre.
Infine, le notizie economiche della settimana si sono concentrate sugli Stati Uniti, con la pubblicazione degli ultimi dati su occupazione e inflazione. Venerdì scorso negli Stati Uniti è stato pubblicato il rapporto sui salari non agricoli di gennaio e, sebbene il dato principale, pari a 143.000 nuovi posti di lavoro, sia stato inferiore alle attese, le revisioni in positivo di 100.000 unità sui dati precedenti hanno attenuato l'impatto. Il tasso di disoccupazione è sceso leggermente, al 4%, mentre la crescita dei salari è rimasta solida, allo 0,5% su base mensile. I dati sull'inflazione negli Stati Uniti hanno sorpreso al rialzo, con un CPI al 3% su base annua a gennaio, contro il 2,9% previsto; il dato mensile è stato dello 0,5% contro lo 0,3% previsto. L'inflazione non si sta comportando in modo tale da far pensare a una politica restrittiva in questo momento, ma è meglio non trarre troppe conclusioni da una serie di numeri, anche perché i dati di gennaio presentano aggiustamenti stagionali che saranno smussati a febbraio. La reazione dei mercati finanziari è stata comunque negativa, con gli investitori che hanno concluso essere destinati a un periodo prolungato di tassi fermi. Per quanto riguarda la reazione della Federal Reserve, il presidente Jay Powell è intervenuto al Congresso questa settimana per il suo rapporto semestrale e ha dichiarato alla commissione bancaria del Senato che “non dobbiamo avere fretta di modificare il nostro orientamento politico”. Powell considera le aspettative di inflazione “ben ancorate” e ha aggiunto che “se l'economia rimarrà forte e l'inflazione non continuerà a muoversi in modo sostenibile verso il 2%, potremmo mantenere la politica restrittiva più a lungo”. Il presidente della Fed di New York, John Williams, si aspetta che l'inflazione continui a muoversi verso l'obiettivo, “ma è importante notare che le prospettive economiche rimangono altamente incerte, in particolare per quanto riguarda le potenziali politiche fiscali, commerciali, di immigrazione e normative”. Pertanto, le aspettative del mercato per i prossimi tagli dei tassi da parte della Fed continuano a ridursi: il prossimo taglio non è previsto prima di dicembre e il successivo nel 2026. Con il persistere di un’incertezza politica elevata, è probabile che le aspettative del mercato sui tassi di interesse continuino ad evolversi, anche se abbiamo già assistito a un cambiamento significativo rispetto alle attese dello scorso autunno, quando il mercato prevedeva otto tagli dei tassi tra il 2025 e il 2026.