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Carmignac: commento in previsione dei meeting di Fed e BCE

di Kevin Thozet, membro del comitato investimenti di Carmignac
 
Carmignac: commento in previsione dei meeting di Fed e BCE
Questa settimana sono attese le decisioni di politica monetaria sia da parte della Fed che della BCE. Kevin Thozet, membro del comitato investimenti di Carmignac, analizza che cosa dovrebbero aspettarsi gli investitori da questi incontri.

Fed

Negli Stati Uniti, i sostenitori di un’inflazione persistente saranno incoraggiati dai dati più recenti: l’inflazione core CPI si è infatti raffreddata da 0,35% a 0,23%, al di sotto delle attese. Al tempo stesso, chi teme un’inversione deflattiva continuerà a monitorare con attenzione alcuni beni sensibili ai dazi, i cui prezzi hanno ripreso a crescere in modo marcato: +0,7% per l’abbigliamento, +0,8% per gli elettrodomestici e +0,9% per i mobili.

Nel complesso, l’inflazione appare stabilizzata su un livello ancora elevato, oltre il 3%. I funzionari della Fed non hanno però contestato le aspettative dei mercati, che continuano a prevedere nuovi tagli dei tassi entro la fine dell’anno. Per questo, ci si attende che mercoledì la banca centrale statunitense prosegua verso una politica monetaria meno restrittiva e annunci una riduzione dei tassi di 25 punti base.

Le prospettive per il 2026, tuttavia, appaiono più incerte. Le discussioni si concentreranno sull’eventuale ritorno di pressioni inflazionistiche, alimentate da diversi fattori: il pieno impatto dei dazi lungo la catena di fornitura, l’intensificarsi dello stimolo fiscale e della deregolamentazione, un possibile calo sotto lo zero della soglia di equilibrio tra occupazione e Non-Farm Payroll, e l’arrivo di un nuovo presidente della Fed vicino all’agenda MAGA, favorevole a tassi reali più bassi.

BCE

Capovolgendo lo schema della Fed, la BCE è in pausa: ha già segnalato che il ciclo di tagli si è concluso e che i tassi si trovano su un livello appropriato.

Negli ultimi mesi, la crescita economica europea è stata debole, ma non vi sono segnali di collasso. La fase di stagnazione dovrebbe lasciare spazio a una graduale riaccelerazione verso la fine dell’anno, sostenuta dall’atteso aumento della spesa pubblica da parte di Paesi storicamente prudenti. Un auspicio espresso tempo fa dal predecessore di Christine Lagarde che oggi inizia a concretizzarsi. Anche le riforme strutturali promosse da Mario Draghi, tra cui interventi sugli appalti pubblici, stanno lentamente trovando attuazione e potrebbero contribuire a migliorare il contesto macroeconomico.

In assenza di nuove proiezioni BCE sull’andamento dell’inflazione e della crescita, ci si aspetta che la Presidente confermi i tassi di policy al 2% e inviti alla pazienza, rimandando a dicembre, quando sarà disponibile una nuova serie di dati macroeconomici, eventuali valutazioni su un cambio di rotta.

Implicazioni per i mercati obbligazionari

Sul fronte delle scadenze a breve negli Stati Uniti, nei prossimi mesi la Federal Reserve System dovrebbe sfruttare il margine a disposizione per avviare un ciclo di tagli dei tassi d’interesse. I mercati, tuttavia, si sono mossi più rapidamente della banca centrale, anticipando un allentamento ancora più marcato. Secondo Carmignac, l’aspettativa di cinque tagli nell’arco dei prossimi dodici mesi appare eccessivamente ottimistica.

Per quanto riguarda le scadenze più lunghe, la combinazione tra “Fed Put”, ampi deficit fiscali e la possibilità che l’incertezza politica si riduca rispetto ai livelli attuali dovrebbe esercitare una pressione al rialzo sui rendimenti. Alla luce di questa dinamica, abbiamo modificato la nostra strategia, passando da una posizione di irripidimento a posizioni nette negative sull’intera curva dei rendimenti US.

In Europa, i mercati obbligazionari stanno prezzando un solo taglio dei tassi nei prossimi sei mesi, una previsione considerata ragionevole. Restano però dei dubbi sulle aspettative di un rialzo dei tassi da parte della Banca centrale europea entro la fine del 2026 o l’inizio del 2027: un’ipotesi giudicata prematura, alla luce del rischio che l’inflazione scenda sotto l’obiettivo della BCE e che la ripresa economica proceda a ritmi diversi nei vari Paesi europei.


Alla luce di questo scenario, privilegiamo posizioni sulle scadenze comprese tra 2 e 5 anni della curva in euro, mantenendo al tempo stesso una strategia di irripidimento.
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