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Assofond: le PMI energivore italiane sono condannate a morte

 
Assofond: le PMI energivore italiane sono condannate a morte
«Il settore italiano delle fonderie è sull'orlo del collasso e il principale responsabile è il costo dell'energia, che in Italia è il più alto d'Europa e crea un differenziale strutturale insostenibile con i competitor europei e non».

È questo l'allarme lanciato oggi da Fabio Zanardi, presidente di Assofond, l’associazione di Confindustria che rappresenta le fonderie italiane, durante il convegno Amafond svoltosi a Rezzato, in provincia di Brescia.

«Essere oggi una PMI energivora in Italia significa essere condannati a morte. Siamo di fronte a un sistema energetico malato, che distrugge la competitività della manifattura e trasferisce ricchezza da chi produce valore reale a chi vive di rendita», ha dichiarato Zanardi.

Un settore strategico che rischia il collasso

Il comparto delle fonderie italiane conta 861 imprese (157 ferrose e 704 non ferrose), un fatturato di 6,6 miliardi di euro nel 2024 e una produzione di oltre 1,6 milioni di tonnellate di fusioni. Nonostante rappresenti un modello avanzato di economia circolare e produca componenti indispensabili per la transizione ecologica, il settore è in forte contrazione.

Nel 2024, la produzione è calata del 12% e il fatturato del 13% rispetto al 2023, ma i numeri di una crisi strutturale del settore in Italia sono ancora più evidenti se si allarga il perimetro di valutazione. Rispetto al 2018, anno di riferimento per un confronto con il periodo pre-Covid e antecedente la crisi energetica, i numeri evidenziano che:

- La produzione totale di getti è calata del 23%.

- Le fonderie ferrose hanno perso il 31,8% della produzione e l’8,7% delle imprese.

- Le fonderie non ferrose hanno registrato una riduzione della produzione del 10,4% e un calo del 18,7% nel numero di aziende.


Energia: il principale ostacolo alla competitività

Secondo Assofond, la principale causa della crisi è il differenziale strutturale di prezzo dell’energia elettrica, che penalizza le imprese italiane rispetto ai concorrenti europei.

Nel periodo gennaio–agosto 2025, il prezzo medio dell’elettricità sul mercato spot in Italia è stato di 117,63 €/MWh, contro gli 88,93 €/MWh della Germania, con un differenziale del 32%. Ancora più ampio il divario con Spagna (+83%), Francia (+82%) e Scandinavia (+229%).

Il presidente Zanardi ha contestato con forza le tesi secondo cui il prezzo reale pagato dagli energivori italiani sarebbe molto inferiore a quello spot, in virtù di una lunga lista di agevolazioni che abbatterebbero notevolmente i costi rispetto all’andamento del mercato spot.

«È un dato completamente falso – ha sottolineato. Il prezzo effettivo che le nostre fonderie pagano è attorno agli 83 €/MWh. Noi siamo PMI energivore: la categoria di imprese più svantaggiata dal sistema italiano. Da un lato, siamo troppo piccoli per beneficiare delle misure che aiutano i grandi energivori come ad esempio l’Interconnector, che a noi non si applica tout court, o i rimborsi dei costi indiretti ETS, di cui possono beneficiare solo le fonderie di ghisa e non quelle di acciaio o di metalli non ferrosi. Dall’altro lato, siamo troppo energivori per accedere alle agevolazioni pensate per le Pmi. Peraltro, a oggi, strumenti di compensazione cui pure potremmo accedere, come l’Energy Release, sono ancora bloccati e nessuno sa quando e se diverranno operativi».

Il divario con i competitor europei resta pertanto enorme anche facendo riferimento al prezzo “netto” pagato dalle fonderie e non a quello del mercato spot: si parla di circa 83 €/MWh in Italia, contro 60,3 €/MWh in Spagna, 44,5 €/MWh in Germania e 25,45 €/MWh in Francia (1).

Un sistema che tassa chi produce e premia chi incassa

Zanardi ha denunciato l’anomalia italiana nella composizione del prezzo dell’elettricità, caratterizzato da tassazione e oneri di sistema tra i più alti d’Europa.

«Le nostre bollette finanziano utili record delle grandi utility nazionali, controllate o partecipate dallo Stato, che in alcuni casi vantano margini superiori a quelli dei colossi tecnologici americani. È una situazione insostenibile e moralmente inaccettabile», ha dichiarato il presidente di Assofond.

Nel frattempo, le fonderie vedono i margini di redditività crollare. L’ultima analisi dei bilanci delle imprese del settore condotta dal Centro Studi Assofond evidenzia che l’EBITDA/ricavi delle fonderie di metalli ferrosi nel 2024 è sceso al 6,4%, mentre quello delle fonderie non ferrose all’11%. Se si guarda invece al rapporto EBIT/ricavi, il dato scende addirittura allo 0,6% per i ferrosi e al 4,2% per i non ferrosi. Risultati lontani anni luce da quelli, in alcuni casi vicini al 50% e comunque sempre superiori al 30%, fatti segnare dalle principali public utilities italiane (2).

Zanardi ha concluso il suo intervento con un appello chiaro e urgente al Governo: «Se non si agisce subito, non soccomberemo per colpa dei nostri concorrenti esteri, ma per colpa del sistema italiano. È necessario intervenire ora: bisogna abbattere la tassazione sull’energia e redistribuire la ricchezza dalle grandi aziende che operano in contesti protetti alle PMI manifatturiere che competono quotidianamente sui mercati internazionali. Solo così potremo riavviare un circolo virtuoso fatto di sviluppo, investimenti, salari più alti e crescita condivisa», ha concluso Zanardi.


(1) Fonte: Elaborazioni Assofond su analisi Elettricità Futura per l’Italia.

(2) Fonte: “Bollette, perché in Italia sono da record?”, Corriere della Sera del 4 agosto 2025
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