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Analisi dei mercati globali: gli emergenti risplendono
a cura della Strategy Unit di Pictet Asset Management

Asset allocation: con l'avvicinarsi della fine dell'anno prevale l'ottimismo
Mentre un anno complesso volge al termine, i mercati azionari continuano a mostrare un certo ottimismo. Le condizioni di liquidità restano ampiamente favorevoli, il quadro macroeconomico evidenzia segnali di stabilizzazione e la crescita degli utili societari rimane stabile. In aggiunta, la stagionalità positiva tipica dell’ultimo trimestre contribuisce a rafforzare questo scenario, offrendo elementi sufficienti a mantenere una posizione di sovrappeso sulle azioni globali nelle ultime settimane del 2025. Resta, tuttavia, il fatto che i premi offerti dagli asset rischiosi sono insolitamente bassi rispetto ai titoli sicuri e che le valutazioni sono elevate, il che limita i margini di protezione delle azioni in caso di eventuali shock. Pertanto, pur confermando la nostra posizione di sovrappeso sull’azionario, i mercati emergenti presentano un profilo più interessante rispetto ai titoli statunitensi. Abbiamo anche rivisto a sottopeso i Treasury USA, i cui rendimenti appaiono scesi eccessivamente. Considerata l'inflazione headline vicina al 3%, riteniamo che i mercati abbiano sovrastimato l'entità dei tagli dei tassi d'interesse da parte della Federal Reserve statunitense. Allo stesso tempo, il potenziale per una crescita superiore alle previsioni potrebbe spingere nuovamente verso l'alto i rendimenti statunitensi.
In effetti, i nostri indicatori del ciclo economico mostrano un miglioramento delle condizioni economiche nel corso dell’ultimo mese: le performance di USA, Regno Unito e Svizzera sono tutte state superiori alle nostre aspettative. Di conseguenza, abbiamo rivisto al rialzo dello 0,2% le nostre previsioni di crescita del PIL statunitense, portandole all'1,8% per quest'anno e all'1,5% per il 2026. Sebbene il sentiment dei consumatori statunitensi sia debole e il mercato del lavoro abbia perso slancio, i sondaggi regionali indicano un'attività economica robusta e il settore immobiliare sembra essere avviato verso una ripresa graduale. Positive sono anche le condizioni di liquidità globali: attualmente l'83% delle banche centrali mondiali è in una fase di allentamento. Anche sul fronte privato le condizioni restano robuste, alimentate da una forte spesa delle aziende per l'IA e da una ripresa dei prestiti bancari.
Negli Stati Uniti, prevediamo solo un ulteriore taglio dei tassi di un quarto di punto da parte della Fed. Nonostante le preoccupazioni degli investitori per la minaccia all'indipendenza della Fed, non lo riteniamo un evento probabile nel breve termine, e manteniamo quindi una visione molto più restrittiva sui tassi rispetto ai mercati finanziari, che scontano tagli di circa 80 punti base entro la fine del prossimo anno. La BCE è attualmente in una posizione attendista, ma è probabile effettuerà un ulteriore taglio nei prossimi mesi. L'Europa sta beneficiando degli stimoli derivanti dagli otto tagli dei tassi eseguiti da giugno 2024 nonché delle prospettive di un futuro allentamento fiscale, condizioni che creano un contesto favorevole per le azioni. Siamo inoltre relativamente cauti nelle previsioni di un allentamento in Cina. La debolezza della domanda interna giustifica il proseguimento di una politica monetaria moderatamente allentata, in ogni caso, grazie alle esportazioni robuste e al recente incremento del sostegno fiscale, non pare ci sia grande urgenza di tagli aggressivi dei tassi. Prevediamo che la Banca Popolare Cinese ridurrà di ulteriori 10 punti base i tassi e di 50 punti base il coefficiente di riserva obbligatoria (RRR). Il Giappone rimane una delle poche grandi economie in fase di stretta: ci aspettiamo almeno un aumento dei tassi da parte della Bank of Japan nei prossimi mesi. Le prospettive di una maggiore spesa fiscale potrebbero sostenere una politica monetaria più restrittiva e favorire un rafforzamento dello yen.
Le nostre metriche di valutazione suggeriscono che una certa cautela è giustificata. I premi di rischio sono ridotti e le valutazioni di quasi nove asset su 10 sono superiori alla tendenza a lungo termine. La situazione è particolarmente seria negli Stati Uniti, dove il rapporto prezzo/vendite delle azioni è pari a 3,5 volte e ha superato il picco registrato durante il boom delle dot-com alla fine degli anni '90. Il premio al rischio dell’azionario statunitense, oggi vicino al 3%, risulta estremamente compresso: un livello così ridotto, offre un margine molto limitato per assorbire eventuali shock inflazionistici o di crescita. Di conseguenza, preferiamo concentrare le nostre allocazioni azionarie in altre regioni, e in particolare nei mercati emergenti, che vantano valutazioni interessanti, fondamentali solidi e dinamiche favorevoli di prezzi e utili. Con l'eccezione degli Stati Uniti, la nostra posizione di sovrappeso in azioni è supportata dall'assenza di segnali classici di una bolla, come una leva finanziaria elevata o aspettative di utili eccessive. Il nostro scenario di base, pertanto, prevede rendimenti azionari a una cifra alimentati dagli utili, insieme a un moderato declassamento delle valutazioni di circa il 7% nel corso del prossimo anno. Gli indicatori tecnici sostengono la nostra posizione di sovrappeso in azioni globali, confermata anche dai segnali di tendenza rapida. In uno scenario di utili forti e rischi per la crescita in diminuzione, la domanda degli investitori rimane solida. Inoltre, il posizionamento non risulta sotto eccessiva pressione, visto il calo dei volumi netti di call azionarie rispetto al recente picco.
Regioni e settori azionari: utili forti, prospettive rialziste
Gli utili delle aziende dei principali mercati azionari continuano a risultare solidi e, per i titoli statunitensi, sono superiori alle stime in più dell'80% dei casi. Nonostante un forte rally abbia fatto innalzare le valutazioni, rimaniamo positivi sulle prospettive per gli utili societari. Tuttavia, diversi fattori ci portano a privilegiare i mercati al di fuori degli Stati Uniti, a partire dalle valutazioni. Le società statunitensi trattano infatti a circa 23 volte gli utili a termine, un livello elevato che offre una protezione limitata in caso di rallentamento della crescita, pressioni inflazionistiche o maggiore incertezza istituzionale. Inoltre, considerando il rapporto prezzo/vendite, le valutazioni azionarie statunitensi stanno superando i livelli toccati durante la bolla delle dot-com. Detto ciò, ci tratteniamo dal passare a un sottopeso e manteniamo neutrale la nostra posizione. La ragione è negli utili delle aziende statunitensi, che fanno impallidire quelli nel resto del mondo, una tendenza confermata dalle recenti revisioni degli analisti. Decisamente più positivo è il nostro atteggiamento nei confronti dei titoli degli emergenti, per i quali manteniamo la nostra posizione di sovrappeso. Rimane invariata la nostra ponderazione del benchmark dei titoli dell'eurozona. Anche se le loro valutazioni restano interessanti, per i titoli europei è necessaria una crescita degli utili più robusta e una trasmissione degli stimoli fiscali all'economia reale, soprattutto ora che si evidenziano i primi segnali di un indebolimento della crescita monetaria e del credito. Per il prossimo anno prevediamo un rallentamento della crescita degli utili societari in Europa fino a scendere al di sotto del 4% (dal 4,2% nel 2025), in netto contrasto con la stima di quasi il 15% da parte degli analisti. Preferiamo rimanere selettivi e acquistare i titoli industriali, finanziari e a media capitalizzazione di questa regione, che negli ultimi due anni hanno sovraperformato l'indice S&P500.
A livello settoriale, le nostre posizioni di sovrappeso principali rimangono i servizi tecnologici e di comunicazione, beneficiari del boom della spesa in conto capitale legata all'IA e che continuano a generare utili solidi. Manteniamo una posizione di sovrappeso in titoli finanziari, motivata da un ambiente operativo, da prospettive normative favorevoli e da valutazioni che rimangono interessanti. Il settore sanitario, in cui abbiamo una posizione neutrale, va monitorato attentamente, poiché potrebbe beneficiare del dissolversi dell'incertezza politica sui prezzi e sui dazi dei farmaci, oltre che dei crescenti investimenti delle aziende di IA in apparecchiature per le scienze biologiche, tecnologia medica e diagnostica.
Reddito fisso e valute: un taglio ai Treasury
Abbiamo abbassato da neutrali a sottopesati i Treasury USA, in risposta alle aspettative eccessive del mercato in merito ai tagli dei tassi della Fed e alla possibilità che l'inflazione statunitense sorprenda al rialzo nei prossimi mesi. Il mercato prevede tagli per 3% entro la fine del 2026, contro le nostre previsioni del 3,75%, pari a un solo taglio in più. Intanto aumentano le speculazioni sul fatto che nei prossimi mesi il presidente Trump riuscirà a riempire il Consiglio di amministrazione della Fed con i suoi fedelissimi, cosa che minaccia di erodere l'indipendenza della banca centrale e di portare a tassi molto più bassi di quelli giustificati. Dal nostro punto di vista, per il momento, questo risvolto è relativamente improbabile. Al contempo, riteniamo che l'economia statunitense sia resiliente e che le pressioni inflazionistiche non vadano sottovalutate. Ciò sarà probabilmente supportato dalla crescente disponibilità delle banche a concedere prestiti man mano che i tassi scendono. In effetti, l'economia statunitense appare sempre più robusta rispetto a quella dell'eurozona, il che suggerisce che il divario dei rendimenti tra i titoli di Stato statunitensi e tedeschi sia eccessivo
La nostra decisione riceve ulteriore sostegno dal fatto che i Treasury appaiono costosi rispetto ai recenti trend di crescita nominale. I rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine e la crescita nominale tendono ampiamente ad allinearsi; tuttavia, l'attuale rendimento del 4% per i Treasury a 10 anni è ben inferiore all'attuale tasso di crescita nominale dell'economia statunitense, che, secondo le analisi, si avvicina al 5%. Nel frattempo, gli spread di credito sono ai minimi del ciclo e il rendimento aggiuntivo offerto agli investitori è troppo limitato per compensare i potenziali shock di mercato. Finora, tuttavia, veri e propri segnali di stress si sono mostrati solo nel mercato del credito privato, innescando brevi episodi di volatilità nei mercati pubblici. In ogni caso, continuiamo a sovrappesare le obbligazioni high yield dell'eurozona grazie ai loro rendimenti rettificati per la volatilità, più interessanti rispetto alle controparti statunitensi. Sebbene le valute dei mercati emergenti siano meno convenienti rispetto al passato, c'è ancora valore in questa parte del mercato: in America Latina i rendimenti reali si assestano tra il 5 e il 10%. I fondamentali economici delle economie in via di sviluppo rimangono favorevoli: la crescita si sta dimostrando più resiliente che non nelle economie sviluppate, i tassi di inflazione sono in calo e la debolezza del dollaro resta un forte vento a favore. Tutti dati a sostegno del nostro sovrappeso del debito in valuta locale dei mercati emergenti (Cina esclusa) e del credito societario dei mercati emergenti. Prevediamo un ulteriore deprezzamento del dollaro e, di conseguenza, continuiamo a sovrappesare euro e franco svizzero.
Emergenti: prosegue la performance positiva
I titoli dei mercati emergenti si sono nuovamente distinti come i migliori performer in un mese in cui le azioni hanno in generale registrato rendimenti elevati. Nel mese, le azioni dei mercati emergenti sono salite di circa il 4,6% in valuta locale, azioni asiatiche in testa con un guadagno di oltre il 5%, mentre quelle globali sono salite generalmente del 2,3%. Fino ad ora, i Paesi in via di sviluppo sono riusciti a contrastare l'impatto dei dazi imposti dal presidente Trump. I mercati emergenti asiatici hanno registrato i maggiori guadagni in valuta locale dell'anno (+32%), ma l'America Latina non è rimasta staccata (+30%), il che significa che i primi hanno mostrato una performance quasi doppia rispetto al mercato statunitense. In dollari, i mercati emergenti hanno registrato guadagni ancora più consistenti. I Paesi con grandi settori tecnologici, come la Corea del Sud, hanno beneficiato in misura importante del boom dell'IA, che si è esteso agli attori critici della catena di approvvigionamento globale, con investitori propensi a diversificare le loro posizioni concentrate negli Stati Uniti. Nel complesso, il settore IT ha guadagnato il 7,6% nel mese. Inaspettatamente, nel corso del mese i mercati emergenti sono riusciti a scrollarsi di dosso la performance non proprio brillante dei titoli dei materiali e dell'energia, i primi in calo di circa l'1% e i secondi in rialzo di appena l'1% (il settore è stato in ritardo fino a questo punto dell'anno); nei cicli passati, i mercati emergenti avevano tendenzialmente seguito i mercati delle materie prime.
Anche le obbligazioni dei mercati emergenti hanno registrato una performance relativamente buona nel corso del mese, a loro volta grazie a fondamentali forti. Il debito denominato in valuta locale è aumentato dello 0,5%, registrando un guadagno di quasi il 16% dall'inizio dell'anno, mentre quello denominato in dollari ha registrato un incremento del 2,1%. Qui, tuttavia, la performance migliore è stata quella dei titoli di Stato britannici (gilt), saliti di quasi il 3% nel mese in un contesto di segnali di rallentamento dell'inflazione, di un suo atteso ritorno al livello target grazie alla stretta della politica monetaria e in previsione di un bilancio governativo fiscalmente più severo. Nel credito societario, i mercati emergenti hanno nuovamente registrato rendimenti positivi, con un aumento dello 0,7% su base mensile in valuta locale. Qui, l'high yield europeo e quello statunitense sono rimasti indietro per via dei segnali di stress nella parte più rischiosa del mercato del debito societario, e anche del credito privato. Sebbene la debolezza del dollaro abbia generalmente favorito i mercati emergenti nel corso dell'anno, nel mese di ottobre il biglietto verde è riuscito a recuperare terreno sia rispetto alle sue controparti sviluppate che a quelle emergenti. La svolta leggermente più aggressiva della Fed dopo l'ultima riunione per la definizione delle politiche monetarie ha contribuito a sostenere la valuta statunitense.
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