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Analisi: inflazione e rischi macroeconomici in USA, Europa, Giappone e Cina
di Ion Jauregui, analista presso ActivTrades

“L'inflazione dovrebbe calare nel 2026 in molte economie avanzate, ma il ritmo e la persistenza variano notevolmente a seconda della regione. Negli Stati Uniti, l'inflazione generale dovrebbe rallentare verso il 2,8% circa, scendendo da livelli più elevati, ma è ancora sopra l'obiettivo del 2% della Federal Reserve. L'inflazione core (che esclude alimentari ed energetici) potrebbe attestarsi più vicino al 3%, rispecchiando delle pressioni persistenti sui servizi e sui compensi. Malgrado l'elevato debito pubblico e l'attuale espansione fiscale, l'inflazione è mitigata dalla politica monetaria più inasprita della Fed, compresi tassi di interesse più alti e riduzioni del bilancio. Inoltre, la continua spinta per il nearshoring della manifattura e delle filiere dovrebbe contribuire a contenere l'inflazione riducendo la dipendenza dalla volatile produzione oltreoceano e dai costi di trasporto, migliorando la resilienza delle filiere e stabilizzando i prezzi dei beni.”
“L'Europa, in particolare la zona euro, dovrebbe vedere un'inflazione generale intorno all'1,7%, tra i prezzi dell'energia più bassi, l'inflazione core più debole e la moderazione dell'inflazione sui prodotti alimentari. La Banca Centrale Europea prevede una graduale disinflazione ma deve fare i conti anche con i rischi per il settore manifatturiero, compresi i costi di produzione più elevati, i possibili shock di fornitura e il rallentamento della domanda globale, che potrebbero alimentare le pressioni sui prezzi e sconvolgere la produzione industriale.”
“Il Giappone, dopo essere uscito da decenni di deflazione, si aspetta che l'inflazione si riduca verso il 2,0% nell'anno fiscale 2026 (dal 2,5% circa del 2025). Malgrado il debito pubblico molto elevato, detenuto per la maggior parte a livello nazionale, le pressioni inflazionistiche sottostanti restano stabili, grazie ai tassi di interesse bassi e alla politica monetaria controllata. Il ricorso al prestito da solo non comporta un aumento dei prezzi al consumo, considerata la domanda debole e i rigidi controlli monetari.”
“La Cina presenta un profilo nettamente diverso: una domanda nazionale sottotono e dei rallentamenti strutturali dovrebbero contribuire a contenere l'inflazione, e le proiezioni indicano una crescita dei prezzi al consumo molto bassa o persino negativa nel 2026 (≈ –0,2 %). Prezzi dei beni deboli, pressioni deflazionistiche nei settori alimentari e una spesa dei consumatori limitata sono i fattori dominanti, ma ulteriori rischi includono il potenziale trasferimento degli investimenti e delle filiere occidentali in altri mercati, il che potrebbe minare la stabilità, ridurre gli afflussi di capitale estero e rallentare la ripresa industriale e dei consumi, anche se la crescita del PIL dovesse rimanere stabile.”
“La differenza dell'andamento dell'inflazione pone sfide diverse. Gli Stati Uniti potrebbero faticare a rassicurare i mercati di poter tagliare i tassi, mentre l'Europa deve bilanciare l'allentamento con i rischi per la manifattura. La stabilità dell'inflazione nipponica supporta una normalizzazione incrementale della politica, e la Cina si ritrova ad affrontare una potenziale deflazione a cui si aggiunge il cambiamento delle tendenze di investimento. In tutte le regioni, eventuali sorprese dell'inflazione (in particolare nei compensi, nell'energia o nei servizi) potrebbero riaccendere la volatilità e complicare le decisioni delle banche centrali.”