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21shares: le performance del Bitcoin saranno meno prevedibili, ma più solide
di Eliézer Ndinga, Head of Research di 21shares

Per oltre un decennio, il prezzo del Bitcoin ha seguito un andamento “ritmico”. Uno dei motivi è che ogni quattro anni l’halving dimezza le nuove immissioni nel sistema economico e ciò solitamente innesca in successione: un forte rally, una brusca correzione e una lunga fase di ripresa, con una cadenza da orologio.
Tuttavia, alla fine di questo 2025, sono ormai numerose le evidenze che qualcosa è cambiato e capire esattamente cosa è fondamentale se ci si vuole posizionare in modo adeguato verso la prossima fase evolutiva della criptovaluta, nella quale quello che sembrava un libretto di istruzioni affidabile sarà completamente riscritto dai fattori macroeconomici e dall’arrivo di ingenti capitali istituzionali.
Ma cosa dicono i vecchi manuali? Come accennato in precedenza, ogni halving ha avviato un nuovo ciclo economico per il Bitcoin:
Nel 2012, il prezzo è passato da 12 dollari a 1.150, prima di contrarsi dell’85%
Nel 2016, è passato da $650 a $20mila per poi registrare un crollo dell’80%
Nel 2020, da $8,7mila a 69mila e di nuovo giù del 75%
Queste oscillazioni così prevedibili sono state sfruttate dagli investitori più accorti, che ne hanno fatto una mappa per il futuro; tuttavia, quanto accaduto dopo l’halving del 2024 non ha rispettato il pattern osservato fino a quel momento. Non solo in un arco di 18 mesi il Bitcoin è rimasto a lungo sopra la soglia dei 110mila dollari, ma lo ha fatto anche con una volatilità piuttosto contenuta per quelli che erano i suoi standard. Inoltre, tutti gli indicatori principali, soprattutto l’indice RSI, mostrano una crescita controllata e non euforica, che di solito è quella che porta al punto massimo di rottura che poi innesca la correzione. Punto di rottura che, ad oggi, non si osserva.
Ma cosa è cambiato in questi anni? La risposta più semplice a questa domanda è banalmente: la struttura del mercato. Più nel dettaglio, si intende il fatto che BTC non è più un asset il cui valore era influenzato quasi esclusivamente dalle speculazioni dei retail e questo perché la quotazione di un ETF in un mercato come quello statunitense nel gennaio del 2024 ha aperto le porte a player regolamentati, disposti a investire nel lungo periodo, come fondi pensione, asset manager e corporate treasury. Si è trattato di una vera e propria rivoluzione per tutto il mercato del Bitcoin, in quanto questi operatori tendono a resistere ai periodi di maggiore volatilità e soprattutto a non reagire di pancia alle ultime notizie. A sua volta, tutto ciò si traduce in una domanda più alta e stabile.
Un altro evento straordinario è stato il raggiungimento di un nuovo massimo prima che l’halving fosse attuato, segnalando che questi saranno sempre meno impattanti e che a determinare l’andamento futuro saranno sempre di più i fattori macro. Le ragioni per cui si è arrivati a questo punto sono innanzitutto tecniche: le prime volte il tasso d’inflazione – in questo caso inteso come la riduzione di nuovi token immessi sul mercato – era davvero consistente, ma nel 2024 l’offerta si è contratta di poco in termini assoluti, da 1,7% a 0,85%, con il 94% del totale che è già stato “estratto” dai miner. Pertanto, questo “supply effect” sta diventando sempre più marginale.
Al tempo stesso, però, la macroeconomia ha assunto un ruolo sempre più centrale, con il 2022 che ha visto il crollo del Bitcoin andare di pari passo a quello azionario per poi riprendersi tra il 2023 e il 2025 quando la liquidità circolante è tornata a salire, assumendo comportamenti molto simili a quelli di un macroasset, che risente dei tassi d’interesse, della propensione al rischio e di altri fattori noti. Tra l’altro, questo significa anche che il quadro rimane positivo, dato che le maggiori banche centrali stanno adottando politiche monetarie più accomodanti.
Alcuni analisti sostengono che il ciclo quadriennale di Bitcoin si stia estendendo a cinque anni per via delle immissioni di liquidità e l'intensificarsi della partecipazione istituzionale. I guadagni post-halving, pari ad appena il 18% finora, potrebbero segnalare un trend rialzista più lento ma sostenibile, con un picco potenzialmente esteso fino al 2026.
L'halving, pertanto, ha ancora un peso psicologico, ma la sua influenza sta svanendo a causa del rafforzamento delle dinamiche macroeconomiche e di liquidità. Il consueto schema di espansione e contrazione potrebbe cedere il passo a una nuova era, caratterizzata da una crescita più costante, maturità istituzionale e trend macroeconomici globali, piuttosto che dall'euforia del mercato retail.