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21Shares: Il nuovo conflitto attesta la maturità del Bitcoin

di Adrian Fritz, Head of Research di 21Shares
 
21Shares: Il nuovo conflitto attesta la maturità del Bitcoin
Nonostante l’esplosione di un nuovo conflitto in Medio Oriente tra Israele e Iran, il prezzo del Bitcoin non ha registrato oscillazioni significative, restando saldamente al di sopra dei 100mila dollari. A differenza di altri asset, che in periodi di forte incertezza macroeconomica subiscono ribassi anche molto seri, BTC sta mostrando una notevole resilienza, la quale sta attirando l’attenzione degli investitori che vi vedono una riserva di valore affidabile, soprattutto in tempi come quelli attuali.

A dimostrazione di ciò, proprio nei giorni immediatamente successivi ai primi attacchi contro l’Iran, l’asset digitale era scambiato attorno ai suoi massimi storici, mostrando una volatilità molto più contenuta di quella registrata in altre classi di attività risk-on.

Tuttavia, chi conosce la storia del Bitcoin sa che in passato ha registrato forti ondate di vendite in periodi di tensioni geopolitiche e di avversione al rischio particolarmente alta, anche se con magnitudo diverse a seconda del ciclo e della maturità del mercato. Alcuni esempi sono l’annessione da parte della Russia della Crimea nel 2014, quando in un giorno cedette il 13%, e anche nel 2021, con la guerra civile in Myanmar che fece registrare perdite a 90 giorni quasi del 30%.

L’unico grande evento macroeconomico negativo in cui l’atteggiamento della criptovaluta è cambiato è stato lo scoppio del conflitto tra Israele e Palestina, avendo registrato una crescita a 90 giorni superiore al 50%, in forte controtendenza rispetto a quelle che erano state fino a quel momento le dinamiche di guerra. Va detto però che in quel periodo si era già ampiamente diffusa la speculazione sull’approvazione degli ETF negli Stati Uniti, che infatti sarebbe arrivata nel gennaio dell’anno successivo.

Tuttavia, i dati mostrano anche che i rendimenti a breve e medio termine solitamente subiscono bruschi ribassi subito dopo tali eventi, soprattutto quando il sentiment interno è debole o le tensioni rimangono irrisolte. Nella recente escalation tra Israele e Iran, è vero che il Bitcoin ha subito un calo il giorno dell’attacco, ma si è anche rapidamente stabilizzato, scambiando comunque sopra i 100mila dollari senza riscontrare pressioni di vendita sostenute, in contrasto con i precedenti ribassi di diverse settimane. Ciò sottolinea la crescente stabilità, liquidità e resilienza di fronte all'incertezza esterna, sostenuta da solidi fondamentali interni.

Mentre l'andamento del prezzo a breve termine riflette la reazione agli shock esterni, i dati on-chain rivelano una storia più profonda. In particolare, l’ammontare di token detenuti da investitori di lungo termine ha raggiunto un nuovo massimo storico: oltre 14,5 milioni di BTC, circa il 70% dell'offerta circolante, è ora detenuta da entità che non hanno spostato le proprie riserve per sei mesi o più. Questo cambiamento segnala la maturazione del mercato: i detentori di lungo corso stanno stabilizzando le oscillazioni di prezzo, minimizzando le perdite e rafforzando la resilienza, soprattutto durante le turbolenze macroeconomiche. La recente calma dopo la ripresa riflette questa crescente forza.

In conclusione, sebbene l'attuale corso del Bitcoin non sia privo di rischi, con un'escalation più ampia del conflitto che potrebbe comunque innescare una tendenza all'avversione al rischio sui mercati, la tesi di base rimane valida. Storicamente, le crisi geopolitiche alimentano l'inflazione attraverso l'espansione fiscale, una politica monetaria più accomodante e shock dell'offerta. In tali contesti, la proposta di valore di Bitcoin come asset non sovrano con offerta fissa diventa sempre più appetibile.
 
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